L’aspirazione di tutti gli uomini, dopo quella alla sopravvivenza e al rispetto dei più elementari diritti umani, è quella a un lavoro degno. La strada da percorrere perché a tutti sia garantita questa possibilità, passa necessariamente per una visione integrata dello sviluppo: non esiste sviluppo economico senza sviluppo sociale: non esiste sviluppo senza equità. Questo significa dare un volto umano all’economia globale. Le parole di Juan Somavia, Direttore generale dell’organizzazione internazionale del lavoro, mettono a fuoco la rotta per il futuro. L’economia apre enormi possibilità ma a goderne è solo una parte minoritaria del pianeta. Per milioni di bambini, l’economia ha solo il volto dello sfruttamento, della povertà, della fatica. Schiavitù, agricoltura, piantagioni, cave, miniere, fornaci, vetrerie, industrie, raccolta di rifiuti e, in fondo a tutto, i crimini dello sfruttamento sessuale. E’ questo, ancora oggi, il destino di un bambino su 4 nei paesi poveri. Nel mondo ci sono 246 milioni di minori sfruttati: il 60 % si concentrano in Asia, il 29 % in Africa, l’8% in America Latina. Ma bambini lavoratori si trovano anche nei paesi ad economia in via di transizione e in quelli industrializzati. Lo spartiacque legale è fissato a 15 anni, età minima stabilita dall’organizzazione internazionale del lavoro. Nei paesi in via di sviluppo il limite scende a 14 anni e il lavoro leggero è consentito a 12. In realtà nel mondo lavorano 211 milioni di bambini tra i 5 e i 14 anni. 186 milioni sono vittime dello sfruttamento infantile nelle sue forme peggiori.
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