Dopo il bombardamento del 21 agosto con il presunto uso di gas tossici, l'opposizione siriana accusa il regime di avere in serbo altre armi non convenzionali, che potrebbero avere un effetto ancora piu' devastante. Attivisti e residenti locali hanno affermato che aerei governativi hanno effettuato nelle ultime ore attacchi vicino alla grande diga sul fiume Eufrate che, se dovesse cedere, provocherebbe l'inondazione della provincia settentrionale di Raqqa, controllata dai ribelli e dove, fra l'altro, a fine luglio si sono perse le tracce di padre Paolo Dall'Oglio Video amatoriali e foto dei bombardamenti aerei nei pressi di Tabqa, la cittadina prossima alla diga, sono stati pubblicati da ieri sera su diversi siti Internet. "I barili bomba (sganciati dai jet) hanno preso di mira il perimetro dei generatori di corrente e sono caduti vicino ad alcune paratie", hanno affermato alcuni abitanti di Tabqa citati dai Comitati di coordinamento locali. L'Eufrate, che nasce in Turchia, attraversa la Siria e l'Iraq, dove si unisce al Tigri per poi gettarsi nelle acque del Golfo. La diga, eretta negli anni '70, costituisce ancora oggi la principale risorsa di energia elettrica del Paese. Alto 60 metri, lo sbarramento, ufficialmente noto come Diga della Rivoluzione, crea un lago artificiale lungo 80 chilometri e largo otto che contiene 14 miliardi di metri cubi d'acqua. Quanto basta, in caso di cedimento, per travolgere la piana di Raqqa, dove vive una popolazione di circa tre milioni di persone. Oltre a intere cittadine, verrebbero coperte dalle acque siti archeologici come quello di Resafa, l'antica Sergiopoli romana fondata da Diocleziano all'inizio del IV secolo dopo Cristo. Notizie di nuove atrocita' arrivano intanto da altre localita'. Attivisti di Homs hanno denunciato la repressione di un tentativo di ammutinamento nella prigione centrale della martoriata città della Siria centrale. Secondo le prime notizie, non verificabili in maniera indipendente, almeno tre detenuti sarebbero stati uccisi e una ventina feriti. Da parte sua, il presidente libanese, Michel Suleiman, cattolico maronita, ha condannato come "vergognose e incompatibili con lo spirito tollerante della religione" le violenze avvenute nella cittadina cristiana di Maalula, vicino a Damasco, riconquistata ieri da gruppi di ribelli tra i quali jihadisti legati ad Al Qaida. Il presidente, citato da media libanesi, ha lanciato l'allarme per possibili attacchi alle chiese, che ha definito "simboli della civilizzazione", e ha annunciato che chiedera' un intervento del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, e del Consiglio di Sicurezza a protezione dei cristiani locali.
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