In Siria si assiste ad una recrudescenza delle azioni terroristiche dell’opposizione; nel mirino sempre più spesso i civili. Un’autobomba è esplosa in un quartiere centrale di Damasco; il bilancio provvisorio parla di 11 morti – tra cui donne e bambini - e 10 feriti. Un attacco suicida ad Hama, invece, ha provocato la morte di 50 soldati: dilaniati dalla deflagrazione. Entrambe le azioni sono state rivendicate dalle milizie ribelli. Ieri le forze anti-Assad avevano rapito e poi ucciso il popolare attore siriano Mohamed Rafea: sostenitore del Presidente. Nel frattempo – di fronte a queste violenze - sembra stia cambiando l’atteggiamento delle Nazioni Unite nei confronti dei ribelli. In un'intervista alla TV nazionale siriana l’inviato dell'Alto commissariato Onu sui diritti Umani in Medioriente - Abu Saeed – ha affermato che circa il 95% di coloro che stanno combattendo il governo provengono da altri paesi. Quindi ha puntato il dito contro Arabia Saudita, Qatar e Turchia: "sono responsabili del sangue versato in Siria - ha detto -, siamo profondamente dispiaciuti per il fatto che continuino a sostenere gruppi armati".
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