Associazioni della cultura all'attacco delle ultime mosse sulla ricostruzione del Teatro 'Galli' di Rimini. Un fronte comune composto da Italia Nostra e dal Comitato per la bellezza; dall'Associazione Bianchi Bandinelli, istituto di ricerca fondato da Giulio Carlo Argan e dall'Associazione Rimini citta' d'arte 'Renata Tebaldi', deciso a chiedere la ricostruzione della struttura, ''come era e dov'era'' mettendo fine a ''una storia italiana di errori e dissipazioni''. Poco gradita alle diverse associazioni che, in una nota congiunta, bocciano gli ultimi passi verso la ristrutturazione del Teatro disegnato da Luigi Poletti, ferito dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale e ancora in attesa di una nuova vita. Vita, secondo i firmatari della nota, che dovrà rinascere da una ripresa dei disegni dettagliati dell'opera di Poletti e non dall'ultimo progetto adottato dall'Amministrazione riminese che, a loro dire, metterebbe a rischio l'area in cui si trova il teatro, a partire dal fossato del vicino Castel Sismondo, attribuito a Filippo Brunelleschi. ''A settant'anni dalle bombe del 1943 - scandiscono - non si vuole ricostruire com'era e dov'era lo storico Teatro Galli. Per anni si sono buttati miliardi, ora si ignorano progetti e vincoli''. A giudizio delle associazioni culturali, che ripercorrono le tappe dell'iter verso la ricostruzione della struttura (a partire dall'accantonamento del progetto del 1985 di Adolfo Natalini, ''modificato in un ventennio otto-nove volte, e costato alle casse comunali fra parcelle e liquidazioni 6 miliardi e 250 milioni di vecchie lire''), sull'area interessata ''vertono tre vincoli di tutela: il primo, che salvaguarda Castel Sismondo, è esplicitato da una mappa dell'area confinante col retro del teatro''; il secondo ''ribadisce quello del 1915 a protezione dell'area archeologica della Rocca e del teatro'' e il terzo ''rafforza i vincoli di legge sul neoclassico Teatro Galli. Quindi, prosegue la nota, ''mentre si scaldano le ruspe, il Comune, che dovrebbe per primo tutelare la memoria e i monumenti della comunità nel rispetto delle leggi della Repubblica, dà viceversa il cattivo esempio calpestando i vincoli ministeriali nel reiterato tentativo di distruggere una zona antichissima della città''. Inoltre, ammoniscono Italia Nostra e gli altri soggetti, ''le Soprintendenze per i Beni Architettonici e Archeologici fanno finta di nulla autorizzando (15 luglio scorso) 'la rimozione definitiva dei resti strutturali del teatro del Poletti e l'asportazione della pavimentazione della domus romana''': il tutto, scrivono ''in accordo con un incredibile decreto del Direttore Regionale per i Beni culturali, Carla Di Francesco 'con cui viene delegata alla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna l'emissione dell'autorizzazione alla demolizione e alla rimozione definitiva di strutture emerse nel corso di scavi archeologici indipendentemente dalla loro datazione'. Non una parola sulla violazione dell'area del Castello'', chiosano. Quindi, viene osservato, ''c'è da chiedersi se i soprintendenti di Ravenna e di Bologna si siano resi conto che il progetto del Comune invade il fossato, che in futuro, la città potrebbe decidere di riportare alla luce. Auspichiamo che l'opinione pubblica fermi lo scempio. A Fano - ricordano le associazioni - un altro bellissimo teatro del Poletti, semidistrutto dalla guerra, è stato filologicamente ricostruito sui disegni originali ed è felicemente in attività da un ventennio''. In Comune lo staff del sindaco ha rinviato eventuali repliche. Forse a domani.
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