Tensione alle stelle in Turchia: dopo il golpe fallito, prosegue la grande epurazione imposta da Erdogan
Oltre 9mila e 300 le persone arrestate finora con l'accusa di complicità nel fallito golpe, più di 13mila dipendenti pubblici cacciati, fuori anche 8mila poliziotti e centinaia di migliaia di lavoratori statali bloccati da un divieto d'espatrio, ora persino la richiesta di dimissioni di 1577 rettori di università, la sospensione di 15.200 insegnanti e la revoca della licenza a 21mila docenti di scuole private. L'intenzione è quella di spazzare via interi settori dell'establishment turco pre-golpe. Una epurazione che non ha risparmiato neppure imam e docenti di religione: 492 quelli allontanati per il sospetto di legami con la rete di Fethullah Gulen. Erdogan non fa sconti a golpisti e oppositori, e annuncia che, se il Parlamento l'approverà, darà l'ok alla pena di morte; rilanciato anche il progetto di modifica di Gezi Park: la caserma ottomana al posto del Centro Culturale Ataturk e una moschea a piazza Taksim. Sempre più tesi intanto i rapporti con gli Stati Uniti: dito puntato sull'ospitalità garantita all'imam e magnate Gulen, “un terrorista al pari di Bin Laden” - tuona il presidente turco - "se i giornalisti avessero intervistato il capo di Al Qaeda quando le torri gemelle sono state attaccate, cosa avreste pensato?". Gli fa eco il premier Yildirim: “Smettano di proteggerlo – dice, confermando che 4 dossier sono stati inviati a Washington sulle sue presunte responsabilità nel fallito golpe. Spuntano poi i retroscena: una cisterna della base americana di Incirlik ha rifornito di carburante gli F16 golpisti: “l'unico elemento concreto, questo – riportano fonti di stampa - che Erdogan sta impugnando per tenere sotto pressione l'alleato. Molti dei fedeli del Sultano sono convinti che il Pentagono fosse a conoscenza dei piani dei generali ribelli”.
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