Tiroide, perché è importante mantenerla in salute. L'esperto: come riconoscerne le disfunzioni e curarle
Nel nostro Paese oltre sei milioni di persone soffrono di malattie della tiroide. Dal 24 al 30 maggio si svolge la Settimana Mondiale della Tiroide 2021 per ricordare come e quanto sia importante mantenere questa ghiandola, fondamentale per il buon funzionamento del nostro corpo, in buona salute.
Benedetta de Mattei ha intervistato Costanzo Moretti – U.O. di Endocrinologia dell’Ospedale Fatebenefratelli Isola Tiberina di Roma e Professore di Endocrinologia presso l’Università degli Studi di Roma TorVergata, per capire qual è il ruolo della tiroide, quali sono le sue disfunzioni più diffuse e come riconoscerle.
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Cos’è la tiroide
La tiroide è una ghiandola endocrina, a forma di farfalla, che si trova nella parte anteriore del collo e controlla molte funzioni dell'organismo attraverso la produzione degli ormoni tiroidei: tiroxina (T4) e triiodiotironina (T3). La produzione degli ormoni tiroidei è, a sua volta, controllata dall'ormone tireostimolante (TSH) secreto dall'ipofisi, una ghiandola posta all'interno del cranio. Le patologie della tiroide si distinguono sostanzialmente in due gruppi: quelle che riguardano la funzionalità, in cui la tiroide può funzionare troppo o poco e quella relative alla sua morfologia e alla struttura. Le due disfunzioni più comuni della tiroide sono l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo. Nel parlare di queste patologie bisogna considerare che ogni ormone agisce su un suo specifico recettore presente sulla cellula che è considerata il suo bersaglio. Per spiegare questo concetto utilizzo spesso l’esempio della chiave che può chiudere solo la sua serratura: bisogna tener conto che l’ormone rappresenta la chiave che agisce su una sua specifica serratura che rappresenta il recettore. Sia l’ipotiroidismo che l’ipertiroidismo possono essere patologie clinicamente pienamente espresse anche se una non corretta unione tra chiave e sua serratura può generare una serie di condizioni non perfettamente identificabili con sintomi manifesti che sono appunto l’ipotiroidismo e l’ipertiroidismo subclinico, condizioni ipo e iperfunzionali latenti che sono lievemente al di fuori della fisiologia e che danno scarsi sintomi tanto che usualmente non comportano la necessità i riferirsi al medico specialista.
Ipotiroidismo
L’ipotiroidismo è la più frequente alterazione della funzione tiroidea e si verifica quando la tiroide funziona poco e non produce una quantità sufficiente di ormoni, determinando uno squilibrio nelle funzioni metaboliche dell’organismo. Una condizione di ipotiroidismo lieve (ipotiroidismo subclinico) può essere associata ad assenza totale di sintomi, i quali invece sono più severi man mano che la produzione di ormone tiroideo si riduce. Poiché, soprattutto in caso di ipotiroidismo subclinico, i sintomi non sono quasi mai eclatanti, l’unico modo per porre diagnosi certa di ipotiroidismo sono gli esami ematici.
Una delle cause più comuni di ipotiroidismo è la tiroidite autoimmune
La Tiroidite autoimmune detta di Hashimoto è una malattia in cui l’organismo produce anticorpi che impediscono il funzionamento di alcune componenti delle cellule tiroidee attivando una reazione infiammatoria, che in seguito può portare ad una ridotta capacità da parte della tiroide di sintetizzare e secernere i suoi ormoni. La tiroidite di Hashimoto si sviluppa attraverso una fase acuta e progredisce tipicamente in modo lento verso una fase di recupero, tanto che spesso le persone colpite difficilmente percepiscono sintomi.
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Come riconoscerla e curarla
La fase acuta è caratterizzata dal rilascio in circolo, a causa della reazione infiammatoria, di ormone tiroideo immagazzinato nella unità funzionale della tiroide che è il follicolo tiroideo ed è in genere caratterizzata da sintomi da iperfunzione quali ansia, tachicardia e sintomi di allarme nell’organismo, che possono durare qualche settimana. Poi man mano, come in tutte le infiammazioni, quando il tessuto si ripara si può passare ad una condizione ipofunzionale, e la ghiandola tiroidea può recuperare senza che l’organismo se ne accorga. Qualora il medico specialista identifichi la tiroidite in fase acuta suggerirà di attendere e curare solo i sintomi. Con il progredire verso la cosiddetta ”fase riparativa”, cioè quella in cui la ghiandola ha terminato la sua condizione reattiva-infiammatoria ed è entrata nella fase di recupero, la azione medica consiste nel valutare il grado di ipofunzione tiroidea e stabilire la necessità di somministrare ormone tiroideo. La cura va decisa in maniera molto oculata, in relazione a quella che è la funzione tiroidea residua, perché molte tiroiditi autoimmuni sono superate senza evoluzione verso questa condizione di ipofunzionalità.
Diagnosi
Nel caso della tiroidite di Hashimoto e delle altre forme di ipotiroidismo è importante valutare i livelli ematici dell’ormone stimolante la tiroide (TSH) e di quelli prodotti da questa ghiandola. La diagnosi di ipotiroidismo sarà positiva in presenza di elevati valori di TSH e bassi livelli di ormoni tiroidei. Per ottenere la conferma che si tratti di una tiroidite di Hashimoto è possibile eseguire appositi test sierologici che identificano autoanticorpi verso componenti della cellula tiroidea in particolare le tireoperossidasi (importanti componenti della cellula follicolare tiroidea necessari per il processo di sintesi e iodinazione degli ormoni tiroidei) e degli anticorpi anti-tireoglobulina, molecola sintetizzata dalla cellula tiroidea indispensabile per la sintesi ed organizzazione strutturale degli ormoni tiroidei. Punto importante della diagnosi è la valutazione dei livelli plasmatici degli ormoni tiroidei in quanto molto spesso possono formarsi auto anticorpi ma non svilupparsi condizioni di ipofunzionalità. Nella fase acuta si liberano più ormoni tiroidei e quindi il problema è generalmente iperfunzionale . Nella fase riparativa si va nella maggior parte dei casi verso una condizione di ipofunzionalità che spesso diventa cronica ed ha bisogno di terapia ormonale sostitutiva con ormoni tiroidei sintetici.
Ipertiroidismo
Quando la tiroide lavora eccessivamente si parla di ipertiroidismo, una patologia che si manifesta in presenza di livelli superiori alla norma di ormoni prodotti dalla tiroide. Si verifica un aumento della secrezione di triiodotironina (T3) e tiroxina (T4) e dunque c’è una maggiore disponibilità di ormoni tiroidei rispetto alle necessità dell’organismo. L’eccesso di ormoni tiroidei può manifestarsi con ansia, labilità emotiva, stanchezza, tremori, tachicardia, intolleranza al caldo, aumento della sudorazione, perdita di peso ed altri sintomi ancora. Per arrivare a una diagnosi, è importante valutare anche i livelli plasmatici dell’ormone ipofisario che stimola la tiroide, il TSH, che quando soppressi o ridotti indicano che la ghiandola tiroide sta funzionando troppo. Tra le cause di questo disturbo, si annoverano i noduli tiroidei iperfunzionanti, le tiroiditi, l’eccessivo consumo di iodio e l’assunzione di quantità eccessive di ormoni tiroidei, di cui spesso si abusa. Nel caso di sovradosaggio di ormoni tiroidei assunti, questo spesso avviene poiché molte persone sono convinte che gli ormoni tiroidei possano incidere in modo determinante sulla composizione corporea aiutando “a dimagrire”, assumendoli senza necessità e non pensando che questa è una informazione errata in quanto il dimagramento si verifica solo quando è presente una patologia iperfunzionale manifesta. Può accadere dunque che quando viene usata una dose eccessiva di ormone tiroideo si verifichi una condizione di ipertirodismo “iatrogeno”, che può essere confuso con la tireotossicosi di Basedow che rappresenta la causa più frequente di ipertiroidismo.
Morbo di Graves-Basedow
La tireotossicosi di Basedow è una malattia autoimmune della tiroide causata dalla presenza di anticorpi che legano il recettore del TSH ed attivano nella cellula tiroidea la sintesi impropria di ormoni tiroidei. La patologia è chiamata anche malattia di Flaiani perché uno dei primi medici a descrivere questo disturbo è stato Giuseppe Flaiani, anatomista italiano, che analizzò uno dei primi casi descritti della sindrome. La sintomatologia è caratterizzata da iperfunzione della tiroide, iperplasia diffusa ed ipervascolarizzazione del tessuto tiroideo, oftalmopatia e aumento della funzione di quasi tutti i sistemi dell’organismo, soprattutto cardiovascolare, gastrointestinale e nervoso. Le manifestazioni più comuni comprendono tachicardia, agitazione, insonnia, tremori, diarrea, alterazioni del ciclo mestruale, nervosismo, cute calda, sottile e umida, sudorazione profusa, debolezza, calo ponderale, disturbi oculari. La malattia di Graves-Basedow può parallelamente generare una patologia oculare nota come esoftalmo od oftalmopatia basedowiana, che consiste nella protrusione del bulbo oculare con rigonfiamento delle palpebre. Molto spesso soggetti affetti da questa malattia, mostra sintomi lievi, pertanto sono necessarie prove di laboratorio per la conferma diagnostica.
Prevenzione e diagnosi precoce
Non esiste prevenzione per l’ipotiroidismo e la strategia migliore per evitare conseguenze sulla salute derivanti da uno stadio grave della malattia, è quella di diagnosticare prima possibile la malattia. La prevenzione può essere utile per identificare noduli tiroidei di cui non si percepisce l’esistenza, e che possono dare ipertiroidismo, e possono rappresentare un fattore di rischio di iperfunzione subclinica, con conseguenze sulla attività cardiaca. La prevenzione può esser fatta valutando la struttura della ghiandola attraverso una ecografia del collo, esame che rende possibile il riscontro si eventuali noduli e che, attraverso un esame doppler, consente anche di valutare il grado di vascolarizzazione della ghiandola tiroide.
Benedetta De Mattei
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