Tremate, tremate. Ancora. Editoriale di Carlo Romeo
Francamente non so se la Radiotelevisione di Stato sia considerata fra le realtà citate e comunque non lo escluderei. Se così fosse, da parte di questa Direzione Generale, vi sarebbe ovviamente la massima collaborazione, il totale rispetto e la necessaria cortesia ma anche, con la dovuta franchezza, una non fortissima convinzione del contesto.
Cominciamo da un paio di premesse utili al discorso. Appartengo alla generazione che aveva venti anni nei difficilissimi Anni 70, Oggi sembrano di moda ma allora tutto avremmo previsto meno che questo. Tanto per dire, si sparava in piazza e all'Università. Un mio carissimo amico si prese nella nuca una revolverata il 2 febbraio di quell'anno durante un assalto tipo western che i fascisti romani avevano organizzato alla Sapienza. Un anno dopo avevo appena parcheggiato la moto davanti alla Facoltà di Lettere - ancora ricordo che avevo Paleografia greca alle undici del mattino - quando sulle scalinate alcuni amici mi dissero che avevano rapito Aldo Moro.
Fa sorridere ma allora non esistevano web, cellulari eccetera. Le notizie giravano piano ma restavano di più attaccate al cervello e forse non era un male. Erano anche gli anni in cui esplodeva il femminismo. L'utero è mio e lo gestisco io, tremate tremate le streghe son tornate, le gonne a fiorelloni, gli zoccoli impugnati, i collettivi di autocoscienza delle donne e la mia era la prima generazione di maschi a porsi diversi problemi, alcuni spontaneamente e altri sottoposti a una energica collettiva opera di rottura di balle cui tutto il mondo femminile che frequentavamo al di sotto dei trent'anni, cioè l'unico che ci interessasse, metteva pesantemente e quotidianamente in atto. Diciamo che molti maschi vennero travolti - Lotta Continua si sciolse per questo, tanto per fare un esempio - mentre altri metabolizzarono e sopravvissero più maturi anche se con il sistema nervoso leggermente a pezzi.
Se una cosa ho imparato però è che le donne non possono avere un posto di responsabilità solo in quanto donne. Non mi convince una identità che di fatto diventi un mestiere anche perché vuole dire svilirla e umiliarla. Come per tutte le categorie deboli ci devono essere in partenza pari opportunità per crescere ma poi nei posti di responsabilità deve vincere il migliore, o almeno quello valutato tale da chi ha il dovere di farlo, indipendentemente appunto dalle identità di genere. Insomma si parte tutti allo stesso livello - è questo il dovere delle istituzioni - ma poi chi arriva arriva. Altro è ovviamente favorire la condizione femminile nell'ambito delle retribuzioni che devono essere uguali per tutti, tutelare il contesto legato alla maternità eccetera però se si vuole creare una classe dirigente in base alla carta di identità non penso si vada lontano.
Le ragazze degli Anni 70 oggi sono nonne. Le loro nipoti non capirebbero le loro trisnonne e viceversa mentre per noi maschi incontrare e capirsi con i nostri avi non sarebbe poi così difficili anche perché noi maschi siamo gente semplice e primitiva da qualche millennio. Almeno nel mondo occidentale le nipoti di cui sopra, hanno fatto passi da gigante nonostante ancora moltissimo ci sia da fare, visto anche che ancora la brutalità - in questo caso quella maschile - reagisce come sempre con la violenza alla ricerca di libertà - in questo caso femminile.
E' anche vero che certi modelli femminili che sembrano affascinare le generazioni più giovani e sempre più adulte non sarebbero passati facilmente sotto le mani delle Erinni con cui convivevamo negli Anni 70 dove le cosiddette donne-oggetto erano uno dei primi target da distruggere.
Ma le rivoluzioni sociali richiedono generazioni e generazioni per attuarsi. L'evoluzione lo insegna che ci vuole tempo, molto tempo, ma sicuramente rispetto a un secolo fa, quando il marito non era raro che dicesse alla moglie anche su queste terre "voltati che ti adopero" come fosse una bestia (lei, lui probabilmente lo era anche senza saperlo) di strada in ogni caso se ne è fatta.
Insomma e infine, da parte della Radiotelevisione di Stato massima collaborazione a questo ordine del giorno però, per chiarezza e con franchezza, anche scarsa convinzione che la selezione di una classe dirigente e responsabile funzioni farla in questo modo. Che poi a ben vedere noi di Rtv siamo una realtà in cui abbiamo i vertici del Tg composti da un caporedattore centrale donna, un caporedattore donna e un vice caporedattore donna oltre a un caporedattore del web donna e un responsabile della segreteria della Direzione Generale e del cda oltre che della Tesoreria anche lei donna, non è un caso ma non lo sono assolutamente perché sono donne. Ci siamo per la verità anche noi maschi anche perché non vorrei dare l'idea che nella Radiotelevisione di Stato viga il matriarcato - cosa che ogni tanto peraltro mi scopro a sospettare. Ci sono il caporedattore centrale alle iniziative editoriali speciali, il capo della produzione oltre a caporedattore e vicecaporedattore sportivo ecc. tanto per citare, tutti maschi che fanno anche loro al meglio la loro parte, anche se a volte tutti loro, compreso il sottoscritto, con il sistema nervoso devastato dal contesto interno. A pensarci bene, potremmo essere noi maschi a parlare di questo alla delegazione che verrà a trovarci a seguito del suddetto ordine del giorno. Magari ci potrebbero tutelare loro. Ne debbo parlare con i colleghi maschi, magari in privato, molto in privato.
cr