Uccise Tamara Monti, chiesti 30 anni per Alessandro Doto
Premeditazione, crudeltà, futili motivi. L’accesa requisitoria del Pubblico Ministero Paola Bonetti si è soffermata su tre aggravanti che bilanciando la parziale infermità mentale riconosciuta all’omicida si è conclusa con la richiesta di condanna a trent’anni. La pena massima, cioè, prevista con il rito abbreviato. L’inizio del processo per l’omicidio di Tamara Monti, la giovane addestratrice di delfini al parco Oltremare di Riccone, si è aperto con la ricostruzione di quanto accaduto il 2 febbraio dello scorso anno. Quella sera la 38enne fu assalita e uccisa a coltellate dal vicino di casa, Alessandro Doto, di fronte al porta della sua abitazione di via Po’ a Riccione, dove il giovane le tese un agguato e prendendola alla sprovvista la uccise con venti coltellate. Premeditazione e crudeltà, dunque. I futili motivi sono quelli con cui Doto, 37 anni, si giustificò con i Carabinieri subito dopo averla uccisa e che continuò a ripetere nei mesi seguenti, senza mostrare segni di pentimento: era infastidito dalla presenza rumorosa dei due cani di Tamara. Un motivo di discussione talmente frequente che Tamara aveva deciso di cambiare casa: era quella l’ultima notte che avrebbe trascorso nell’appartamento di via Po’. La sentenza è attesa per il 18 aprile, giorno in cui saranno ascoltate anche le Parti civili e i difensori.
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