58mila studenti in meno in 10 anni, un calo di docenti del 22% che va di pari passo col taglio dei finanziamenti. Ma anche un numero di laureati tra i più bassi d'Europa. L'ultimo documento elaborato dal Consiglio Universitario Nazionale fa riflettere, ci si interroga su una serie di riforme che hanno frastornato e disorientato l'ambiente accademico con risultati sorprendenti: è come se in un decennio fosse scomparso un intero ateneo di grandi dimensioni, come la Statale di Milano. L'onda lunga di un bilancio così spiazzante arriva anche a San Marino. Dove, a dir la verità, una piccola contrazione c'è, soprattutto per quanto riguarda le iscrizioni ai 9 master, corsi dunque di alta specializzazione. Tengono invece le lauree tradizionali: ingegneria civile, disegno industriale, ingegneria gestionale in primis. “Ma oltre al numero di immatricolazioni – spiega il rettore Giorgio Petroni - è confortante quello degli occupati che escono dai nostri corsi di laurea”. Una riflessione che potrebbe essere la chiave di lettura dei dati in questione. Sono proprio le università più giovani, nate in sinergia con attività produttive, che propongono corsi di laurea con elevata speranza di occupazione, che dimostrano di sapere interpretare le sfide della contemporaneità. San Marino, come il polo di Rimini, ne è una prova.
Sara Bucci
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