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Vitamina D, dopo il lockdown l’esperto ci spiega perché non possiamo farne a meno

Vitamina D, dopo il lockdown l’esperto ci spiega perché non possiamo farne a meno.

Due studi nel mondo, uno italiano e l’altro inglese dimostrano che ad una carenza di vitamina D si associano maggiori rischi e forme più gravi di Coronavirus mentre chi possiede un livello corretto di questa vitamina nel sangue ha spesso un decorso della malattia molto più lieve. Nonostante al momento la comunità scientifica non disponga ancora delle evidenze necessarie per stabilire se sia realmente efficace nella battaglia contro l’infezione da Coronavirus, la capacità della vitamina D di difendere il nostro organismo su vari fronti è stata ampiamente riconosciuta.

Benedetta de Mattei ha intervistato la Prof.ssa Silvia Migliaccio – Segretario Generale della Società Italiana di Scienze dell’Alimentazione e Professore Associato dell’Università del Foro Italico di Roma per capire quale ruolo gioco la vitamina D per nostra salute.    

Quanto conta la vitamina D nell’infezione da Covid-19?

Innanzitutto va specificato che la carenza di vitamina D è stata messa in correlazione con diverse problematiche oltre che con il Coronavirus  e livelli più elevati di questo ormone indicano generalmente un migliore stato di salute. Bisogna anche dire che le persone anziane, che sono state maggiormente affette da questo virus, hanno usualmente valori di vitamina D più bassi della popolazione giovane e adulta.  La vitamina D può essere uno strumento per ridurre i fattori di rischio poiché tra i diversi ruoli positivi che possiede per il nostro organismo c’è sicuramente quello di stimolare le nostre difese immunitarie, ma non ci sono ad ogni modo ancora studi che dimostrino scientificamente che questa vitamina protegga dal Coronavirus.  

A cosa serve la vitamina D?

La vitamina D non è soltanto una vitamina, ma è un ormone sintetizzato a livello cutaneo dal nostro organismo. Dopo il lungo periodo in casa è possibile che alcune persone ne siano carenti, e che possa essere necessario ricorrere a un supplemento. Nei soggetti anziani se ne riscontra spesso una carenza poiché con l’avanzare dell’età diminuisce la capacità di auto-produrla. La vitamina D svolge diverse importanti funzioni a livello del nostro organismo. Innanzi tutto, aiuta a far assorbire il calcio che introduciamo con gli alimenti da parte dell’intestino.

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Cosa succede se manca?

La carenza di vitamina D è stata associata ad un maggior rischio di sviluppare diverse patologie. E’ stato sicuramente dimostrato che una sua carenza è associata a problemi dell’apparato scheletrico. Infatti, è importante per la mineralizzazione dello scheletro, prevenendo il rachitismo nell’infanzia e l’osteomalacia e la fragilità scheletrica negli anziani. Dati recenti mettono i bassi livelli di vitamina D in correlazione con una minore difesa del sistema immunitario, con alterazione dell’omeostasi dei glucidi, con la ridotta funzionalità muscolare negli anziani, con la predisposizione per alcune tipologie tumorali. In particolare, i bassi livelli di vitamina D negli anziani sono stati messi in relazione con una minore risposta immunitaria. Sembra anche che possa essere collegata a episodi depressivi poiché influisce sulla produzione di serotonina, che è l’ormone del buon umore.

A cosa è dovuta la carenza di vitamina D?

E dovuta sostanzialmente allo stile di vita sedentario, peggiorato sicuramente durante questo lungo periodo di quarantena, e quindi alla carenza di esposizione solare. Inoltre andando avanti con gli anni, la nostra cute diventa meno atta a sintetizzare vitamina D e questo è un fattore importante poiché anche se è assunta attraverso l’alimentazione, questa contribuisce al fabbisogno di vitamina D solo per circa il 20%.  Ovviamente bisogna sempre personalizzare l’intervento terapeutico per sopperire alla carenza: generalmente per quanto riguarda i giovani spesso è sufficiente dare dei consigli su stile di vita e alimentazione mentre in una persona già avanti negli anni, con bassi valori di vitamina D, il suggerimento è quello di integrare perché ormai sappiamo che può rappresentare un fattore di rischio per diverse patologie.

Come aumentare i livelli di vitamina D?

Per attivarne la produzione la prima cosa è quella di esporsi ai raggi solari, almeno per 15-20 minuti al giorno. A livello alimentare la vitamina D è contenuta soprattutto in alimenti grassi quali salmone (e altri pesci quali sgombro, tonno), olio di fegato di merluzzo, tuorlo d’uovo, burro e formaggi più grassi. Tuttaviala quantità contenuta in questi alimenti è relativamente bassa, e nei casi di deficienza l’alimentazione non riesce a sopperire alle necessità dell’organismo. In alcuni casi, come dicevo prima, è utile fare ricorso ad un integratore che permetta di ripristinare i normali valori ematici. 

Quali consigli dopo questo lungo lockdown?  

Se l’alimentazione durante questo periodo si è mantenuta corretta ed equilibrata, seguendo lo schema della dieta mediterranea e quindi con 5 porzioni di frutta e verdura (con un introito calorico adeguato alle necessità dei singoli individui) non si dovrebbero manifestare carenze specifiche di micronutrienti quali sali minerali e vitamine. Sarà da valutare in ogni singolo individuo l’eventuale necessità di integrare specifici nutrienti.  La possibilità di esporsi maggiormente alla luce solare è sicuramente un fattore determinante. Inoltre, una graduale ripresa dell’attività fisica all’aperto aiuterà a ripristinare la massa muscolare che purtroppo è stata poco sollecitata.  

Benedetta de Mattei
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