ANIS: “Abbiamo lavorato due mesi per arrivare solo a un Bilancio tecnico, senza affrontare minimamente le urgenze del Paese"
La conclusione del Tavolo istituzionale e il conseguente approdo della finanziaria in Consiglio Grande e Generale rappresentano l’ennesima occasione persa per affrontare e iniziare a individuare le soluzioni per risolvere le gravi urgenze del Paese. Siamo consapevoli che siano questioni prioritarie e molto complesse, basti pensare al sistema bancario e alla spending review, ma per questo motivo è necessaria una condivisione e una coesione quasi totali, perché solo unito il Paese può superare questa difficilissima fase. Invece, la compattezza che dovevamo dimostrare è rimasta ferma alle parole. Tanto è vero che abbiamo lavorato per due mesi per arrivare alla fine ad un mero Bilancio tecnico che, ad eccezione di qualche articolo “propagandistico” da rivendere probabilmente in campagna elettorale, non prevede alcun intervento sulle priorità. Spiace notare, a tal proposito, una rinnovata puntigliosità sulla forma della Legge di Bilancio e le dinamiche democratiche, dimenticandosi sia di ciò che le parti politiche avevano concordato solo poco tempo prima, sia, soprattutto, dell’Ordine del Giorno approvato all’unanimità e del Decreto Reggenziale che avevano dato un mandato molto più ampio dell’esercizio di contabilità di Bilancio che si è ottenuto: dove sono gli interventi per ridurre la spesa corrente? Dove sono gli interventi per risolvere i problemi del sistema bancario? Dove sono gli interventi programmatici per le riforme urgenti? Niente di tutto questo è stato affrontato. Se, come abbiamo sempre proposto, il metodo di lavoro di quel Tavolo istituzionale fosse stato diverso, anche il risultato sarebbe stato differente. Non era pensabile che una plenaria con circa 40 persone, per di più alcune che cambiavano ogni volta, potesse sia discutere dei singoli problemi, sia decidere sugli stessi in maniera efficace. Si è persa un’occasione, come detto, ma anche tempo prezioso. Il contrario di ciò che avremmo dovuto dimostrare ai nostri interlocutori esterni, ai quali presenteremo una Legge di Bilancio molto diversa da quella che si sarebbero aspettati. Senza considerare il solito artificio sul debito pubblico che, visti gli articoli che prevedono nuove e consistenti emissioni di Titoli di Stato, non viene palesato in tutta la sua gravità. Un aspetto positivo comunque c’è stato e visti i precedenti non era affatto scontato: finalmente sono stati condivisi con tutti i principali dati del sistema, unico modo per comprendere la situazione reale e decidere dove e come intervenire. Purtroppo molte delle proposte avanzate dal mondo economico non sono state nemmeno considerate. Tutto è quindi rimandato e dunque demandato al prossimo Governo, ma sia chiaro: la responsabilità del risultato del bilancio, negativo ed insoddisfacente, resta in capo a chi ha avuto la possibilità di incidere sulle scelte, sia chi doveva governarle, sia chi aveva l’onere di proporle e sostenerle. La politica non ha avuto il coraggio di prendere decisioni utili al Paese. L’auspicio è infatti che, esaurita l’ennesima campagna elettorale, si possa lavorare in un clima differente e affrontare una volta per tutte le problematiche più urgenti, senza ulteriori indugi e senza le solite schermaglie tra le parti, utili solo a rimandare le decisioni. Non è più il tempo dei rimandi, non c’è più tempo e ogni giorno perso è un danno che si fa al Paese, ai cittadini e alle imprese.