ANIS: “Siti produttivi, ampliamenti e investimenti tecnologici: le imprese hanno bisogno di certezze, non di polemiche politiche e posizioni ideologiche"

"San Marino deve decidere che visione avere sullo sviluppo industriale del Paese, perché è da questo settore che ancora oggi dipendono l’occupazione e una parte consistente del reddito e della fiscalità”

ANIS: “Siti produttivi, ampliamenti e investimenti tecnologici: le imprese hanno bisogno di certezze, non di polemiche politiche e posizioni ideologiche".

L’ultima sessione del Consiglio Grande e Generale è stata caratterizzata da un acceso dibattito su alcune questioni economiche, dove, purtroppo, la parola “industriale” è stata svilita a mero aggettivo burocratico, spogliandola di tutti i valori che essa raccoglie a San Marino e nel resto del mondo. Il comparto industriale è infatti il motore propulsivo del Paese, rappresentando oltre un terzo del PIL, e soprattutto generando e garantendo migliaia di posti di lavoro che si traducono direttamente in reddito per altrettante famiglie sammarinesi, e non solo. Senza dimenticare che da esso deriva anche gran parte del gettito erariale delle imprese per lo Stato e dei contributi previdenziali. Per inciso, dobbiamo ricordare che non è vero che la crisi pandemica ha riportato tutti i Paesi sulla stessa linea di partenza come qualcuno afferma. Al contrario, per San Marino le preesistenti difficoltà e criticità si sono accentuate in maniera decisamente più marcata, considerato che gli altri Stati hanno a disposizione maggiori risorse finanziarie e le stanno utilizzando per rendere i propri sistemi ancora più competitivi e attrattivi. In particolare stanno accelerando su semplificazione burocratica e digitalizzazione, cosa che saremmo chiamati a fare anche noi, subito. Questa semplice fotografia delle dinamiche economiche e sociali dovrebbe chiarire da sola l’importanza del comparto industriale per San Marino, oggi più che mai alla ricerca del rilancio del sistema economico sia per intercettare i nuovi investimenti, sia per mantenere e sviluppare quelli esistenti. Proprio di sostenibilità si è discusso in questi giorni, prevalentemente di quella ambientale, che è un valore universale ma anche un driver su cui costruire il futuro del Paese, come stanno facendo tanti altri Stati, in Europa e non solo. La sostenibilità non deve però essere confusa con l’ambientalismo più radicale, che predilige i divieti alle tutele, i no assoluti ai “si può fare, con regole chiare e condivise”. Le imprese sono infatti cittadine a pieno titolo di questo “mondo sostenibile” e, anzi, concorrono e devono sempre più contribuire a renderlo tale, riducendo al massimo il proprio impatto sull’ambiente. Ma anche consolidando e implementando quell’economia virtuosa rappresentata principalmente dall’industria, dagli investimenti tecnologici che arricchiscono tutto il sistema all’occupazione. Sentire invece discutere la politica di interventi che potrebbero bloccare l’operatività delle imprese già esistenti o, peggio, precludere nuovi investimenti, non è solo avvilente, ma anche molto preoccupante. Nel momento in cui, anche tramite l’Agenzia per lo Sviluppo, tutto il Paese è alla ricerca di investitori e nuove imprese, dare questo tipo di messaggi, all’interno come all’esterno, è assolutamente controproducente e grave. La politica dovrebbe sì volare alto e gettare lo sguardo sul futuro, ma dovrebbe anche tenere i piedi ben piantati nella realtà e governare certe tematiche con buonsenso e lungimiranza. Soprattutto, la politica dovrebbe fare ciò che ha promesso di fare: la questione degli ampliamenti così come quella delle zonizzazioni acustiche, per esempio, vanno ricondotte a una situazione urbanistica schizofrenica, dove intere aree artigianali e produttive sono state inglobate da aree residenziali costruite successivamente, senza una visione complessiva che riportasse in equilibrio interessi e aspettative ovviamente differenti. Invece di accelerare sul nuovo Piano Regolatore Generale, però, si continua con interventi spot, senza dare un’indicazione chiara e netta. Anzi, in taluni casi, si assiste a prese di posizione che risultano anacronistiche e si fatica a dubitare che non siano frutto di una cultura contro l’impresa fatta di pregiudizi senza un fondamento oggettivo. Proprio perché siamo consapevoli della limitatezza del territorio sammarinese, chiediamo alla politica di chiarire e ancora meglio condividere quale visione ha dello sviluppo economico - e nello specifico industriale - per San Marino. Anis chiede certezze per gli imprenditori e regole univoche perché possano progettare serenamente i propri investimenti futuri sul nostro territorio.

c.s. ANIS
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