La vicenda del ristorante fallito, dopo aver lasciato un buco enorme tra monofase e contributi non versati, ha suscitato molto sdegno in Repubblica. La domanda sulla bocca di tutti è come sia stato possibile che questo debito, acceso già dal 2019, abbia potuto raggiungere quell’entità senza che nessuno muovesse un dito. Perché saperlo lo si sapeva, visto che l’azienda in questione già dal 2020 figurava nella lista dei debitori dello Stato, nel 2023 faceva registrare un ammanco per 413 mila euro, saliti ai 548 mila attuali. Dati pubblici, correnti, disponibili. La seconda domanda è: ma questo Stato che consente ad un debito di superare il mezzo milione di euro è lo stesso Stato che correttamente (intendiamoci) invia cartelle esattoriali per poche decine di euro? E che sanziona con solerzia un versamento in ritardo di pochi giorni? Purtroppo sì, facciamocene una ragione: viviamo in un Paese dove - a parità di normative - i poveri diavoli sono trattati con il massimo rigore mentre chi è esperto in “relazioni interpersonali” (leggi: chi ha santi in paradiso) riesce a traccheggiare, rimandare, “gestire”. Salvo poi affondare, lasciando in eredità a tutti gli altri una voragine inaccettabile. Tutto questo con la certezza che non si potrà fare nulla per recuperare le risorse dilapidate né vedere i responsabili chiamati a risponderne. E’ il solito refrain: “la Legge è uguale per tutti” ma non tutti sono uguali davanti alla Legge. In un quadro così fosco, va segnalata l’ennesima prassi vessatoria verso il più debole, ovvero il lavoratore dipendente. Attualmente, infatti, al lavoratore dipendente che chiede informazioni sulla sua posizione contributiva viene opposto il segreto, lasciandolo senza un’idea sull’importo dell’eventuale non versato dal suo datore di lavoro, consolidando la pessima sensazione che lo Stato “protegga” chi non lo rispetta, né rispetta le persone che impiega. Su questo particolare punto ci uniamo convintamente alla richiesta fatta dal sindacato CSDL, affinché al danno non si aggiunga la beffa di vedere il malversatore sfruttare leggi concepite per tutelare e non per favorire chi cerca ogni cavillo per farla franca. RETE lo scorso anno ha presentato un Progetto di Legge proprio per impedire alle imprese che non versano il dovuto (per alcune è una pratica consolidata…) e di generare così, nel tempo, ammanchi milionari al fondo pensioni. A nostro giudizio, gli uffici deputati a controllo e riscossione, sulla cui efficienza non è lecito dubitare, vanno dotati di strumenti tecnici e normativi in grado di disinnescare disastri di tale portata. Le nostre proposte purtroppo all’epoca furono respinte. E’ giusto dire ai sammarinesi che se fossero state approvate, l’impresa in questione non avrebbe avuto mano libera per quattro anni e il debito non avrebbe raggiunto questo importo. RETE si farà nuovamente promotrice di una serie di modifiche normative per recuperare i contributi non versati ed evitare che situazioni indegne di un Paese moderno possano ripresentarsi. E ci aspettiamo che tutte le forze politiche serie, quelle datoriali e sindacali, vogliano affiancarci in questa battaglia di civiltà per la giustizia sociale.
cs RETE