Bugli (Pdcs), "Il pericolo delle democrazie siamo noi"

Bugli (Pdcs), "Il pericolo delle democrazie siamo noi".

Ancora sono bene impresse davanti ai nostri occhi le immagini dell'attentato che ha portato al ferimento, durante un comizio in Pennsylvania, dell'ex Presidente degli Stati Uniti e attuale candidato Repubblicano, Donald Trump. Un'aggressione feroce che ci riporta con la mente ai momenti più bui della storia americana: alle tristi vicende di presidenti assassinati, come John F. Kennedy, o di quelli scampati per miracolo ai loro assalitori e rimasti feriti, come Ronald Reagan. Come ho già avuto modo di spiegare più volte nei miei interventi, oggi l'America si presenta come una democrazia estremamente fragile e polarizzata. Più e più volte mi sono occupato di commentare quello che sta accadendo in un Paese che incarna da sempre i più alti valori democratici e che nel tempo si è sempre speso per difendere la democrazia in diverse parti del mondo. Oggi quel Paese sembra aver perso quell'immagine di unità e solidità che l'ha sempre contraddistinto. Si ritrova invece frammentato e agitato da tensioni che giorno dopo giorno crescono sempre di più. Una situazione che non dipende esclusivamente dalla campagna elettorale oggi in corso, ma che è figlia di fenomeni cominciati ormai tempo addietro. La società americana è attraversata da tanti, troppi problemi rimasti sopiti: dall'immigrazione clandestina alla vendita delle armi, dalla proliferazione dei farmaci ai movimenti, di destra e sinistra, polarizzanti e divisi, l'uso della forza contro i detenuti e l'uso della forza degli studenti contro le autorità. Il risultato di questo percorso è un Paese fragile che non è stato in grado di trovare candidati capaci di unire la nazione. Bensì abbiamo due candidati piuttosto in là con gli anni impegnati in uno scontro frontale. Tutto questo ci spinge inevitabilmente ad una riflessione: i partiti tradizionali, nell'America di oggi, funzionano ancora e hanno ancora senso di esistere? Le foto di Trump, ferito e con il pugno chiuso sollevato, resteranno sicuramente nella storia ma ci portano anche a domandarci: cosa sta succedendo alla democrazia? Cosa sta succedendo ai candidati che quella democrazia sono chiamati ad difenderla, rappresentarla, promuoverla? Da un lato Biden, che arranca con difficoltà evidenti dovute alla sua età e stenta addirittura a ricordarsi nomi, il quale pure spinge gli americani a ripudiare Trump e il suo elettorato. Dall'alto lato, Trump, sempre aggressivo nelle modalità di comunicazione, che basa la sua campagna sulla lotta all'establishment. Stiamo assistendo, da un certo punto di vista, ad uno sdoganamento, a livello teorico, dell'uso e del ricorso alla violenza. Tutto ciò non dovrebbe mai essere ammissibile. Una violenza non fisica ma di linguaggio, che fa poi sì che la gente possa agire in maniera violenta nei confronti di chi non condivide lo stesso pensiero. E' un richiamo, questo, che rivolgo in primis alla classe politica. Siamo noi politici i primi a dover tenere bene a mente questo insegnamento e a non dover scadere nell'utilizzo di un linguaggio discriminatorio, lesivo, arrogante, che mira solamente ad intercettare qualche voto facile e ad alimentare i mal di pancia dell'elettorato. Un linguaggio che a volte va di pari passo con tentativi di mistificazione e con false promesse che poi si infrangono miseramente alla prova dei fatti. Ribadisco quello che ho già detto nella prima seduta di questa 31esima legislatura, invitando i miei colleghi consiglieri e tutta la cittadinanza a riflettere sull'importanza di un nuovo modo di fare politica. Un metodo in grado di mettere al centro la forza della ragione, il rispetto della persona, non basato sulla delegittimazione dell'avversario ma sulla valorizzazione delle proposte, dei programmi, dei contenuti. Spiace constatare che siamo partiti con il piede sbagliato e che alcuni partiti sono già tornati a far leva sul chiacchiericcio, il gossip, la strumentalizzazione fine a se stessa. Partiti che millantano un desiderio di rottura con il passato, ma che nel concreto invece preferiscono seminare odio. Sicuramente quella di San Marino è una situazione molto diversa da quella americana e ben difficilmente si potrebbe mai arrivare a certi eccessi. Tuttavia quello americana è uno spaccato da guardare con occhio critico e da analizzare con attenzione per capire quelli che sono gli atteggiamenti da evitare, a cosa può portare la cattiva politica, la cattiveria degli animi, la polarizzazione. Unità, capacità di guardarsi negli occhi e di costruire insieme qualcosa, pur nella differenza di vedute ed opinioni: questi sono gli elementi che fanno grande una democrazia e che vogliamo tenere stretti, ripudiando la violenza in ogni sua forma.

cs Lorenzo Bugli PDCS

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