Sono sempre più convinto che valga la pena riflettere su quanto accade nella vita e nella nostra storia ed accorgerci che la realtà sa dare più suggerimenti che ogni forma di ideologia. Mi hanno colpito in questi tempi due riflessioni che devono, a mio parere, fare i conti con la realtà: in primo luogo l’avere letto la bella intervista al Card. Ruini a proposito della situazione politica. Egli, nella intervista di pochi giorni fa al Corriere della Sera, così rispondeva: alla domanda «Cosa dovrebbero fare oggi i cattolici [in Italia, ndr] per far sentire la propria voce? Con il proporzionale non potrebbero fondare un loro partito?» «Domanda difficile. Non è questo il tempo per dar vita a un partito dei cattolici. Mancano i presupposti: per il pluralismo molto accentuato all’interno della Chiesa stessa, e per la sua giusta ritrosia a coinvolgersi nella politica. I cattolici possono però operare all’interno di quelle forze che si dimostrino permeabili alle loro istanze. È una strada oggi più faticosa di ieri, perché la scristianizzazione sta avanzando anche in Italia; ma non mi sembra una strada impossibile». In secondo luogo mi ha fatto pensare l’affermazione di essere in presenza non di un’epoca di cambiamenti, ma di un «cambiamento d’epoca». Penso che il risultato delle elezioni confermi, in qualche modo, la consapevolezza della unicità del nostro paese «unico al mondo», come ricorda la pubblicità. E anche l’invito a venire a visitarlo, e non solo come turisti (che pure è importante) ma per capire se una esperienza di un paese ritenuto piccolo possa indicare vie concrete di esperienza, anche politica, che, ancora per citare Ruini, così risponde alla domanda: «Ha l’impressione che i cattolici nella politica italiana non contino molto?» «Sì, oggi è così. E non per caso. Ma spero che non si tratti di una situazione irreversibile». Che cosa potrà rendere la situazione «non irreversibile»? Personalmente ritengo che la ripresa di una autentica responsabilità anche nei confronti della politica (e non posso che emozionarmi vedendo tanti volti nuovi tra tutte le file degli eletti) e la chiarezza di quel giudizio attualissimo che ha nella «Dottrina sociale cristiana» i suoi fondamenti ragionevoli, sia la strada da battere oggi, strada che diventa autentica via di speranza. E forse queste parole di Papa Francesco, riportate nel bellissimo libro del Card. Sarah «Si fa sera e ormai il giorno volge al termine», possano diventare una guida concreta e autorevole. Ascoltate: ««Non ci sono identità di laboratorio, non ci sono. Ogni identità ha una storia. E poiché ha una storia, appartiene. La mia identità viene da una famiglia, da un paese, da una comunità. Voi non potete parlare di identità senza parlare di appartenenza. Identità è appartenere. [...] Non lasciatevi ingannare. Prendetevi cura della vostra appartenenza. E così, quando vediamo persone che non rispettano nulla tra noi [...] ciascuno si chieda: “Io vendo la mia appartenenza? Io vendo la storia del mio paese? Io vendo la cultura del mio paese? Io vendo la cultura e ciò che ho ricevuto dalla mia famiglia? Io vendo la coerenza della vita? [...] Non vendete ciò che è più profondo in noi, che è appartenenza, l'identità». La nostra identità, la nostra storia, è ciò che abbiamo di più prezioso, e anche nei tempi difficili ci ha consentito di rinascere e riprenderci con concretezza e realismo. Oggi sono tornati quei tempi, e ci è chiesto, proprio per il bene della nostra «antica terra della libertà», di essere fedeli a ciò che ci costituisce. Questo che stiamo vivendo è forse il «cambiamento d’epoca» che sta avvenendo tra noi. Ed è motivo di speranza e un augurio per tutti.
Don Gabriele Mangiarotti