Caterina Morganti - Libera. "Il posto sotto lo Stato? Provateci ad aprire un codice operatore!"

Caterina Morganti - Libera. "Il posto sotto lo Stato? Provateci ad aprire un codice operatore!".

Sono troppe le attività che chiudono e troppi i liberi professionisti che preferiscono rinunciare al COE abbandonando così il sogno di poter fare il proprio lavoro. La burocrazia, le tassazioni improprie e l’incertezza del diritto massacrano ogni entusiasmo. Il primo ostacolo: un sistema contributivo che permette ai pochi che incassano molto di non dichiarare tutto il ricavato e obbliga i tanti (anzi tantissimi visto le chiusure), che incassano molto meno a pagare un minimo che spesso è pari, se non superiore, ai ricavi, costringendo a indebitarsi. Purtroppo il brutto pregiudizio del “si sa son tutti furbetti!” sta mettendo a rischio la coesione sociale e il sistema economico sano di questa Repubblica. E allora la politica, quella seria, dovrebbe occuparsi di rendere questo sistema più equo. Cosa ha fatto invece il governo uscente? Ha aumentato il minimo contributivo rendendo così ancora più difficile la sopravvivenza dei più piccoli. L’altro ostacolo è l’incertezza del diritto. In una democrazia se una norma c’è servirebbe la certezza che sia per tutti uguale, ciò garantirebbe anche la libera concorrenza, ma in questa Repubblica il Congresso di Stato con troppa frequenza concedere deroghe, fa ottenere consulenze, consente… può, in sintesi, decidere chi vive e chi no. Quale imprenditore serio rischierebbe i propri soldi in un Paese in cui devi stare simpatico al governo di turno per lavorare? E allora la politica dovrebbe, se davvero crede che sia arrivato il momento di offrire a questo Paese un nuovo modello di sviluppo, avviare una riforma dei poteri del Congresso di Stato per eliminarne la discrezionalità al fine di evitare la deriva della decretazione di cui ogni governo fa ampio utilizzo, specie in prossimità delle elezioni, e che inficia l’ordine democratico. Sarebbe bello sentirsi cittadini, uguali e non sudditi, finalmente! A rendere ancor più evidente il disimpegno di questo esecutivo verso chi “azzarda” a mettersi in proprio è la tassa istituita sulla solidarietà familiare. Una tassa che è una offesa alla nostra comunità perché ne dimentica la storia e incrina il senso di coesione della famiglia, quella famiglia che aiuta a far quadrare i conti; quella solidarietà su cui si è basata, fin dal dopo guerra, la nostra economia, quella sana, quella non inquinata dai grandi capitali arrivati nelle valigie della criminalità organizzata o dal differenziale fiscale delle società fuggite coi nostri soldi. Tassa elevata da quest’anno a trecento dieci euro al mese. Mi chiedo se chi pensa certe norme conosca veramente il Paese che si trova ad amministrare? Quale sammarinese non si è ritrovato ad aiutare nella attività di famiglia? Come credono che si sia riusciti a far sopravvivere una delle economie trainanti del Nostro piccolo Stato? La prima regolamentazione del lavoro famigliare risale al 1955. Fu il governo social comunista del prima Rovereta a consentire tale aiuto a chi abitava sotto lo stesso tetto. La legge, mai messa in discussione, ha trovato una nuova formulazione dopo uno scellerato decreto del 2011 subito contestato nella ritrovata consapevolezza che l’aiuto della famiglia sia stato, ed è, un asse portate della nostra economia di piccolo Stato, e sottolineo piccolo perché da questo non si può prescindere quando si fanno le norme e sarebbe meglio comprenderlo, come facevano i nostri vecchi, e smettere di scimmiottare quel che si fa in realtà completamente diverse dalle nostre! Ora il governo uscente ha ritenuto opportuno tassare questa opportunità. Quale la ratio che l’ha ispirato? Forse ha creduto così di favorire le assunzioni con l’idea che se si tassa la solidarietà familiare allora il titolare è indotto ad assumere? No semplicemente si arrangia e alla fine chiude perché è ovvio che se non assume è perché non se lo può permettere! E poi sarebbe un metodo piuttosto discutibile per creare opportunità di lavoro laddove invece si dovrebbe essere capaci di mettere in campo politiche attive per crearlo, il lavoro; o forse si è trovato un nuovo escamotage per far cassa e sempre sulle spalle dei meno tutelati? Sarà tempo di capire perché viviamo in un Paese dove il governo ha dovuto contrarre un debito che ricadrà per anni sulle generazioni future per far fronte alla spesa corrente ma ostacola chi potrebbe creare reddito. Quei lavoratori, se trattati con più consapevolezza e rispetto, farebbero crescere il Paese di tutti e per tutti.

Caterina Morganti - Libera

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