Un bilancio tecnico, infarcito di rinvii in attesa di interventi che da anni non arrivano, pieno di clausole di salvaguardia e di accorgimenti cavillosi finalizzati a fronteggiare i sempre più drammatici problemi di liquidità. Un Governo che ad ogni occasione dichiara la sua soddisfazione per i risultati raggiunti, raffigurando i dati
conseguiti come un momento di svolta, di inversione del trend negativo degli anni passati, frutto di interventi qualificanti e lungimiranti. Peccato che venga smentito dalla Commissione di Controllo per la Finanza Pubblica nella sua relazione allegata al Bilancio di previsione con queste parole: “Nel caso in cui il conseguimento dell'avanzo di gestione per il 2014 generasse la convinzione e l'aspettativa circa una situazione equilibrata e pertanto sostenibile, la Commissione avrebbe il dovere di richiamare ai contenuti sostanzialmente veritieri di una situazione precaria e difficilmente sostenibile dallo Stato...”. E ancora: “La gestione della finanza pubblica consolida ad oggi risultati che consegnano un paese gravemente indebitato…”. La relazione della Commissione è un atto di accusa che certifica l’incapacità dell’esecutivo di sciogliere i principali nodi che rappresentano altrettante criticità strutturali del nostro bilancio. Ma che anzi ne ha introdotti di ulteriori come il credito di imposta e il debito pubblico. La Commissione su questo ci dice: “L'accentuato e continuo trend decrescente della liquidità, unitamente alla entità raggiunta dal debito pubblico, rappresentano con estrema chiarezza lo stato di pericolo in cui versano le pubbliche finanze…” Poi aggiunge analizzando gli effetti del credito d’imposta: “…ha posto sulle finanze pubbliche un peso di dimensioni rilevanti, con un intervento stimabile pari al 7% del Pil ponendo una ipoteca pregiudizievole alle entrate tributarie…”. E ancora “…la Commissione intende evidenziare che tali minori entrate condizioneranno pesantemente il conseguimento di avanzi di gestione fintando da compromettere il riequilibrio del debito pubblico in tempi congrui al medio e lungo termine, pregiudicando infine la
situazione di tesoreria.” Parole pesantissime, quasi lapidarie. La verità è che stiamo progressivamente diventando più poveri. Nasce immediata la domanda: cosa possiamo fare? Le leve a nostra disposizione sono quelle del contenimento dei costi e quello dello sviluppo economico. Il contenimento dei costi non può passare attraverso il taglio degli investimenti, ma solo aggredendo la spesa corrente che ancora oggi pesa per il 90% sul totale della spesa pubblica. Lo sviluppo economico può essere promosso attraverso un aumento della spesa pubblica (investimenti) oppure grazie all’intervento dell’iniziativa privata. Sul primo versante il Governo ha già ipotecato i prossimi 3 anni attraverso il debito per finanziare infrastrutture, sul secondo ha messo in campo tanti provvedimenti in questi tre anni, tanti annunci, qualche “goal” raggiunto, ma un bilancio oggettivamente deludente che non ha dato risposte al dramma della disoccupazione e alla ripresa economica. È evidente a tutti ormai che i classici incentivi fiscali e contributivi non sono sufficienti a richiamare investimenti in territorio. Occorre anche un mercato immobiliare che offra opportunità e non incagli, un sistema bancario che offra solidità e liquidità, una pubblica amministrazione proattiva e snella, una giustizia efficace e veloce nel dirimere eventuali controversie, infrastrutture moderne in grado di garantire un elevato livello di connessione del nostro paese con il resto del mondo, certezza delle regole e zero discrezionalità. In molti di questi settori, i nodi da sciogliere sono tanti ed anche molto complessi. La mancanza della politica, della capacità di governare i fenomeni, di determinare possibili soluzioni e quindi trovare le giuste sintesi e quindi avviare azioni concrete che mettano in rete le esigenze e le aspettative di tutti è, da questo punto di vista, palese. Questa incapacità è la diretta conseguenza di una crescente conflittualità all’interno delle forze politiche che compongono la maggioranza, della evidente incapacità di alcune Segreterie di fare le scelte necessarie e di elaborare soluzioni condivise, della incapacità infine di ricercare il confronto con le forze di opposizione e più in generale con la società. Uno dei temi più critici e complessi su cui intervenire con urgenza è sicuramente quello che riguarda il sistema della sicurezza sociale. Il recente Ageing Report pubblicato dalla Commissione Europa ci fornisce un dato su tutti molto significativo: nel 2040 nell’Unione Europea per ogni persona oltre i 65 anni di età ve ne saranno solo 2 in età lavorativa a differenza dei 4 di oggi. Tale scenario naturalmente andrà ad incidere pesantemente sulle dinamiche dei bilanci pubblici e solleciterà provvedimenti in termini di sostenibilità a garanzia del mantenimento e consolidamento del sistema che non dovranno essere affrontati in maniera disgiunta con quelli dell’equità fiscale e delle regole del mercato del lavoro. Massimo Gramellini nella sua rubrica “Buongiorno” del quotidiano La Stampa, nel commentare le dichiarazione di Tito Boeri, presidente dell’INPS, che ci avverte con parole molto dirette che “…un trentenne di oggi potrà smettere di lavorare solo all’alba dei 75 anni e per percepire dei simpatici assegni da fame… ” afferma “…Se nel mondo esistesse una classe dirigente non si dovrebbe occupare d’altro, ma da quando le personalità sono state sostituite dai personaggi e gli statisti dai battutisti, la politica si è appiattita su un eterno presente che coniuga i verbi al futuro solo per illudere e ingannare. Toccherà agli interessati, in questo caso i trentenni, inventarsi una vita e un’economia diverse. Il tempo è l’unica cosa che non possono togliergli.
Comunicato Stampa
Civico 10
conseguiti come un momento di svolta, di inversione del trend negativo degli anni passati, frutto di interventi qualificanti e lungimiranti. Peccato che venga smentito dalla Commissione di Controllo per la Finanza Pubblica nella sua relazione allegata al Bilancio di previsione con queste parole: “Nel caso in cui il conseguimento dell'avanzo di gestione per il 2014 generasse la convinzione e l'aspettativa circa una situazione equilibrata e pertanto sostenibile, la Commissione avrebbe il dovere di richiamare ai contenuti sostanzialmente veritieri di una situazione precaria e difficilmente sostenibile dallo Stato...”. E ancora: “La gestione della finanza pubblica consolida ad oggi risultati che consegnano un paese gravemente indebitato…”. La relazione della Commissione è un atto di accusa che certifica l’incapacità dell’esecutivo di sciogliere i principali nodi che rappresentano altrettante criticità strutturali del nostro bilancio. Ma che anzi ne ha introdotti di ulteriori come il credito di imposta e il debito pubblico. La Commissione su questo ci dice: “L'accentuato e continuo trend decrescente della liquidità, unitamente alla entità raggiunta dal debito pubblico, rappresentano con estrema chiarezza lo stato di pericolo in cui versano le pubbliche finanze…” Poi aggiunge analizzando gli effetti del credito d’imposta: “…ha posto sulle finanze pubbliche un peso di dimensioni rilevanti, con un intervento stimabile pari al 7% del Pil ponendo una ipoteca pregiudizievole alle entrate tributarie…”. E ancora “…la Commissione intende evidenziare che tali minori entrate condizioneranno pesantemente il conseguimento di avanzi di gestione fintando da compromettere il riequilibrio del debito pubblico in tempi congrui al medio e lungo termine, pregiudicando infine la
situazione di tesoreria.” Parole pesantissime, quasi lapidarie. La verità è che stiamo progressivamente diventando più poveri. Nasce immediata la domanda: cosa possiamo fare? Le leve a nostra disposizione sono quelle del contenimento dei costi e quello dello sviluppo economico. Il contenimento dei costi non può passare attraverso il taglio degli investimenti, ma solo aggredendo la spesa corrente che ancora oggi pesa per il 90% sul totale della spesa pubblica. Lo sviluppo economico può essere promosso attraverso un aumento della spesa pubblica (investimenti) oppure grazie all’intervento dell’iniziativa privata. Sul primo versante il Governo ha già ipotecato i prossimi 3 anni attraverso il debito per finanziare infrastrutture, sul secondo ha messo in campo tanti provvedimenti in questi tre anni, tanti annunci, qualche “goal” raggiunto, ma un bilancio oggettivamente deludente che non ha dato risposte al dramma della disoccupazione e alla ripresa economica. È evidente a tutti ormai che i classici incentivi fiscali e contributivi non sono sufficienti a richiamare investimenti in territorio. Occorre anche un mercato immobiliare che offra opportunità e non incagli, un sistema bancario che offra solidità e liquidità, una pubblica amministrazione proattiva e snella, una giustizia efficace e veloce nel dirimere eventuali controversie, infrastrutture moderne in grado di garantire un elevato livello di connessione del nostro paese con il resto del mondo, certezza delle regole e zero discrezionalità. In molti di questi settori, i nodi da sciogliere sono tanti ed anche molto complessi. La mancanza della politica, della capacità di governare i fenomeni, di determinare possibili soluzioni e quindi trovare le giuste sintesi e quindi avviare azioni concrete che mettano in rete le esigenze e le aspettative di tutti è, da questo punto di vista, palese. Questa incapacità è la diretta conseguenza di una crescente conflittualità all’interno delle forze politiche che compongono la maggioranza, della evidente incapacità di alcune Segreterie di fare le scelte necessarie e di elaborare soluzioni condivise, della incapacità infine di ricercare il confronto con le forze di opposizione e più in generale con la società. Uno dei temi più critici e complessi su cui intervenire con urgenza è sicuramente quello che riguarda il sistema della sicurezza sociale. Il recente Ageing Report pubblicato dalla Commissione Europa ci fornisce un dato su tutti molto significativo: nel 2040 nell’Unione Europea per ogni persona oltre i 65 anni di età ve ne saranno solo 2 in età lavorativa a differenza dei 4 di oggi. Tale scenario naturalmente andrà ad incidere pesantemente sulle dinamiche dei bilanci pubblici e solleciterà provvedimenti in termini di sostenibilità a garanzia del mantenimento e consolidamento del sistema che non dovranno essere affrontati in maniera disgiunta con quelli dell’equità fiscale e delle regole del mercato del lavoro. Massimo Gramellini nella sua rubrica “Buongiorno” del quotidiano La Stampa, nel commentare le dichiarazione di Tito Boeri, presidente dell’INPS, che ci avverte con parole molto dirette che “…un trentenne di oggi potrà smettere di lavorare solo all’alba dei 75 anni e per percepire dei simpatici assegni da fame… ” afferma “…Se nel mondo esistesse una classe dirigente non si dovrebbe occupare d’altro, ma da quando le personalità sono state sostituite dai personaggi e gli statisti dai battutisti, la politica si è appiattita su un eterno presente che coniuga i verbi al futuro solo per illudere e ingannare. Toccherà agli interessati, in questo caso i trentenni, inventarsi una vita e un’economia diverse. Il tempo è l’unica cosa che non possono togliergli.
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