Crediamo che la sentenza di appello del processo c.d. Conto Mazzini sia un pugno nello stomaco alle persone oneste che fanno parte della società civile, lavoratori e pensionati che ci onoriamo di rappresentare. Non sappiamo se le prescrizioni si potevano evitare con un lavoro più tempestivo ed efficace da parte dei Magistrati, così come non è facile comprendere come un intero impianto accusatorio venga in larghissima parte vanificato da una sentenza del Collegio Garante. Ciò però non può essere considerata, come qualcuno sta facendo, la prova che il processo era più di natura politica, piuttosto che rivolto alla ricerca di responsabilità di carattere penale. Per noi valeva comunque la pena che emergesse la realtà dei fatti. Il fatto che gli imputati si erano costituiti in un’associazione a delinquere, al netto di coloro che sono stati scagionati da tale accusa, meritava di essere accertato, così come la sensazione, comune tra i cittadini, che le tangenti facessero parte del modus operandi dei politici, doveva trovare conferma. La non punibilità per effetto della prescrizione lascia l’amaro in bocca e dà ancora una volta la sensazione, in questo caso la quasi certezza, che non tutti i cittadini sono uguali di fronte alle Legge; l’avvio e conclusione dell’azione giudicante entro un termine inferiore a quello di prescrizione dai reati non si è concretizzato e la certezza del diritto è stata messa a dura prova. La dimensione delle somme movimentate dagli imputati del c.d. Conto Mazzini è enorme: 170 milioni di euro, mentre quelle confiscate, per effetto della conferma che il denaro era di provenienza illecita, sono pari a 8-9 milioni (il 5%). Sorge spontanea una domanda: il resto dei soldi si è dissolto, dove è andato a finire? Sono stati adeguatamente approfonditi i canali e gli intermediari tramite i quali il resto delle somme movimentate è evaporato? Di fronte a tutto ciò, che peraltro immaginiamo rappresenti solo una parte del malaffare, ancora una volta le forze politiche si distinguono nello scaricare responsabilità su altri: al sistema politico-economico del passato, ai politici dello schieramento avverso, ai Giudici, al Collegio Garante. Tra coloro che sono e hanno avuto un ruolo di Governo ed in Consiglio Grande e Generale, non c’è nessuno, o quasi, che si senta almeno in parte responsabile, interrogandosi se sia stato fatto tutto il possibile per evitare quanto è accaduto e affinché l’epilogo fosse diverso. Infatti, mentre da parte di chi ha lavorato a stretto contatto con i partecipanti all’associazione a delinquere ci si aspetterebbe il silenzio, se non le dimissioni, dagli altri ci si attenderebbe quantomeno un’analisi rispetto all’adeguatezza delle leggi approvate e se il Tribunale sia stato messo nelle migliori condizioni per svolgere il proprio dovere in maniera celere, adeguata, approfondita. Non possiamo dimenticare le prese di posizione dei vari partiti in favore di una parte o l’altra dei Magistrati, impegnati nelle loro dispute interne, che potrebbero avere distolto energie rispetto alla celerità ed efficacia dell’azione giudiziaria. Ci piace ricordare che le indagini sul c.d. Conto Mazzini ed i successivi rinvii a giudizio sono stati disposti quando all’interno del Tribunale vigeva un clima di apparente armonia, tanto che non sono emerse distonie rispetto al lavoro svolto nella fase inquirente, confermato quasi integralmente nei due gradi di giudizio. Forse è stato proprio questo il momento in cui è iniziata una sapiente strategia finalizzata ad instillare nella cittadinanza il seme del dubbio sulla bontà dell’operato dei Giudici. In effetti, le recenti Commissioni d’inchiesta Consiliari hanno posto in evidenza comportamenti inadeguati e censurabili da parte di un Magistrato, ma questo non può diventare l’alibi per scaricare evidenti responsabilità politiche, altrettanto accertate. Il crac di Banca CIS, le cui premesse partono da lontano, quando diversi ex politici imputati nel c.d. Conto Mazzini erano in auge, al pari di altri tuttora in attività, non può e non deve assolutamente restare impunito, circoscrivendo le responsabilità agli ex recenti Dirigenti di Banca Centrale. Anche in questo caso si sta assistendo al solito, ben noto, copione: con l’inesorabile trascorrere del tempo senza che si assista a rinvii a giudizio. L’avvicinarsi dei termini di prescrizione gioca inevitabilmente a favore di chi ha creato l’ennesima voragine economica e ipotecato il futuro del Paese. Un disastro enorme che corre il rischio, ancora una volta, di non vedere emergere alcun colpevole. Ora l’attenzione dei sammarinesi è focalizzato sul secondo maxi processo, relativo ad altre presunte tangenti e partito ben 6 anni dopo la carcerazione cautelare di uno degli imputati. Se anche questo procedimento dovesse seguire lo stesso epilogo del c.d. Conto Mazzini, sarebbe un nuovo affronto alla comunità sammarinese, alle famiglie, ai lavoratori ed ai pensionati che, tutti i giorni, onestamente, affrontano questi difficili momenti di crisi ed incertezze.
Cs Centrale Sindacale Unitaria
Csu: impunità per prescrizione: tutti i cittadini sono davvero uguali di fronte alle leggi?
10 mar 2022
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