CSU: "Indennità di malattia, occorre prevedere l’effetto retroattivo"

Si sono create delle distorsioni e delle discriminazioni a cui va posto rimedio. Vi è poi la questione del riconoscimento quale infortunio sul lavoro per quei lavoratori che hanno contratto la malattia in quanto tenuti a svolgere i servizi essenziali

CSU: "Indennità di malattia, occorre prevedere l’effetto retroattivo".

Da ieri l’indennità economica per malattia è tornata ad essere retribuita come era da decenni fino al 14 marzo scorso. Il Decreto-Legge 62/2020 non ne prevede però l’effetto retroattivo, come invece il Segretario di Stato per la Sanità aveva annunciato. Ciò presupporrebbe la presentazione di un emendamento che il Consiglio Grande e Generale dovrebbe approvare in occasione della ratifica durante la sessione consiliare che inizia domani. Nella video conferenza di ieri, altri esponenti del Governo hanno invece dichiarato la propria contrarietà ad un tale emendamento. Qualora prevalesse questa ultima intenzione, significherebbe che tutte le malattie comprese tra il 14 marzo ed il 19 aprile 2020 rimarrebbero indennizzate in misura di molto ridotta, peraltro in maniera diversa da caso a caso, stando all’interpretazione dell’ISS. Infatti, gli scaglioni pari al 30%, al 45%, al 60% ed all’86% della retribuzione sono stati intesi come computabili sulla base di 5 giorni lavorativi e non di calendario o tenendo conto della settimana lavorativa. Ciò comporta che chi ha orari di lavoro distribuiti su più di 5 giorni settimanali ha avuto un “danno” inferiore rispetto a chi svolge il medesimo numero di ore concentrate in meno giornate, come nel caso degli operatori sanitari che svolgono turni notturni fino a 12 ore. Una ulteriore penalizzazione sarebbe quella che subirebbe chi è stato in malattia e non può riprendere servizio perché nel frattempo l’azienda ha dovuto ricorrere alla CIG: in questo caso il lavoratore ha subìto o subirebbe una doppia decurtazione. La differenza non può farla il fatto di essere ammalati o in quarantena dopo il 20 aprile, piuttosto che prima, per cui va assolutamente posto rimedio a questa discriminazione. Vi è poi la questione, tuttora irrisolta, del riconoscimento quale infortunio sul lavoro per chi ha contratto la malattia, oppure è stato posto in quarantena, nei confronti di quei lavoratori che sono stati, e lo sono tuttora, esposti al rischio contagio, in quanto tenuti a svolgere i servizi essenziali. Urgono risposte concrete e tempestive, per cui continueremo ad insistere con queste legittime istanze.

c.s. Centrale Sindacale Unitaria


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