CSU: "Riforma delle pensioni, il documento del Governo è inaccettabile!"
In primo luogo la CSU ritiene che, dal punto di vista del metodo, convocare le organizzazioni sindacali cinque mesi dopo l'ultimo incontro, dimostri oggettivamente che non vi è alcuna volontà di confronto da parte del Congresso di Stato. Nella comunicazione di invio, peraltro, abbiamo letto con estrema sorpresa che si tratterebbe di un “testo condiviso”, ma questa è un'affermazione del tutto inverosimile, in quanto non vi è stato nessun percorso di condivisione.
La CSU esige che il Governo consenta di svolgere il confronto nei tempi necessari per raggiungere una ipotesi di riforma il più possibile concertata, che dovrà necessariamente essere sottoposta al giudizio dei lavoratori e dei pensionati. Sarebbe del tutto inaccettabile trovarsi con un progetto di legge già confezionato e portato in prima lettura nelle prossime sessioni consiliari. In definitiva, riteniamo che allo stato attuale delle cose non vi siano i tempi per raggiungere una riforma condivisa entro la fine del 2018, come prevedono il Piano di stabilità nazionale e il programma economico 2019.
Entrando nel merito di alcuni dei contenuti più critici e problematici, rileviamo che non viene menzionato l'impegno al mantenimento del contributo dello Stato, il quale deve essere comunque confermato anche per gli anni a venire, in quanto la parte pubblica non può venire meno al suo ruolo sociale a favore dei cittadini.
Circa l'articolo che porta a 103 quella che dovrebbe essere la somma tra età anagrafica e anni di contribuzione, in realtà - di fatto - viene introdotto unicamente l'aumento dell'età pensionabile, portandola da 60 a 63 anni con almeno 40 anni di versamenti. Si stabiliscono una serie di disincentivi per chi esce prima dei 64 anni e, addirittura, si incentiva chi rimane al lavoro fino a 70 anni! Se non vi era da parte nostra una preclusione di fondo su questo possibile cambiamento della quota da 100 a 103, ora questa modalità inserita nel documento in oggetto ci vede nettamente contrari.
Esprimiamo netta contrarietà rispetto alla eliminazione della “no tax area”, pari al 20% per le pensioni da 1.000 euro in su, che si traduce in un significativo aumento della tassazione, non considerando il concetto di abbattimento forfetario che rappresenta quel 20%, paragonabile a quello dei lavoratori dipendenti e alle possibilità di detrazioni che sono previste anche per i redditi da lavoro autonomo.
Altro aspetto che ci vede contrari, è la possibilità di lavorare per i titolari di pensioni di vecchiaia, senza nessun abbattimento (anche parziale) della propria pensione; in tal modo continuerebbero ad occupare posti che non verranno mai liberati a favore dei giovani, e percepirebbero di fatto due redditi (pensione più stipendio).
Si prevede inoltre per i giovani una minore contribuzione all'atto della prima assunzione, mentre al contempo si ipotizza che il TFR sia destinato per metà per il finanziamento del secondo pilastro. Anche questa è una soluzione quantomeno discutibile, partendo dal principio che attualmente il TFR nel sistema sammarinese è retribuzione diretta, al contrario di quanto accade nel sistema italiano.
Nel documento inviatoci viene poi previsto un contributo di solidarietà non meglio specificato; dalle confuse tabelle presenti si evince che le pensioni superiori ai 2.000 euro subirebbero una trattenuta che va da un mimino del 15% al 30% massimo. Si tratta di una decurtazione inaccettabile, anche tenendo conto che già esiste da tempo un contributo di solidarietà.
Uno degli aspetti che ci indigna maggiormente e rispetto al quale esprimiamo la nostra più ferma contrarietà, riguarda la “governance” dei fondi pensioni; si propone di cancellare gli organismi attualmente esistenti e di far gestire sia il primo che il secondo pilastro da un unico organismo “pseudo-tecnico” nominato dal Congresso di Stato che dovrebbe essere formato da tre persone.
In sostanza, il Governo vorrebbe arrogarsi il diritto di gestire direttamente i fondi pensione, mentre al sindacato e alle associazioni datoriali verrebbe assegnato solo un ruolo di controllo postumo e marginale. Ciò è del tutto inaccettabile; ribadiamo che negli organi di gestione dei fondi pensionistici i rappresentanti delle parti sociali e delle categorie economiche devono avere, in termini di voti, un ruolo ed un peso maggioritario, in quanto sono le uniche a rappresentare i soggetti che versano le risorse in tali fondi.
Si prevede inoltre un aumento dell'aliquota per il primo pilastro dall'1 al 3% a carico dei soli lavoratori dipendenti.
Nel documento è presente una proposta che va a cambiare completamente la natura del nostro sistema previdenziale; è infatti citata l'ipotesi di passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo. Ciò, peraltro, senza sapere se vengono salvaguardati i diritti acquisiti, che sono irrinunciabili. In tal senso occorre tenere conto dei tre sistemi che presiedono al calcolo della prestazione pensionistica: quello originario con la riforma del 1983, quello del periodo successivo dopo la riforma del 2005, ed inoltre quello della riforma del 2011. È evidente che questi tre meccanismi non possono in alcun modo essere modificati in modo retroattivo.
Il sistema contributivo si reggerebbe solo con aliquote molto alte, e comunque molto superiori a quelle attualmente in essere; con le attuali aliquote si maturerebbero trattamenti previdenziali miseri, che porterebbero le future pensioni delle giovani generazioni a livelli di vera e propria povertà. Pertanto, respingiamo con forza anche questa ipotesi.
In definitiva, sull'intero documento il giudizio della CSU non può che essere estremamente negativo. Pertanto, la riforma va reimpostata e riprogettata completamente, tenendo conto delle posizioni e proposte delle organizzazioni sindacali, basandosi su proiezioni attuariali e finanziarie dettagliate nonché su esaustive elaborazioni dei dati pensionistici.
Più in generale, stante la notevole complessità e il fortissimo impatto che questa riforma produce sulla vita delle persone, ribadiamo che a monte deve esserci un tavolo di confronto che faccia da regia politica a tutte le riforme e le scelte che il Paese deve compiere, ad iniziare dai temi dello sviluppo, delle banche, del bilancio dello Stato, della fiscalità diretta e indiretta, e quindi dello stesso sistema previdenziale.
Pertanto, rinnoviamo l'invito al Governo a non procedere all'avvio all'iter consiliare di nessun progetto di legge in materia pensionistica senza aver prima espletato, fino in fondo, il confronto con le organizzazioni sindacali e che sia stata sottoposta l'eventuale ipotesi di riforma alla valutazione e giudizio dei lavoratori e dei pensionati.
CSU