La Confederazione del Lavoro completa l’analisi dei dati fiscali relativi alle imposte dirette, riferite al 2022, approfondendo i redditi imponibili dichiarati dalle persone fisiche, ovvero le imprese individuali, i lavoratori autonomi, i lavoratori dipendenti ed i pensionati, confrontandoli anche con il 2014 ed il 2018, così come è stato fatto per le imposte pagate. Cominciamo con la prima categoria. Le imprese individuali, che sono composte principalmente da artigiani e commercianti, hanno registrato un incremento dei redditi da lavoro dichiarati dall’entrata in vigore nel 2014 della riforma tributaria, ma continuano ad essere molto bassi: nel 2022, il 35,6% non arriva a 15.000 euro annui ed il 38,7% è compreso tra tale valore ed i 30.000 euro annui: la media è 26.693 euro annui. Ciò significa che il restante 25,7%, che dichiara redditi superiori a 30.000 euro annui, innalza la media in misura significativa. Tenendo conto che le imprese individuali sono scese di 180 unità tra il 2014 ed il 2022, occorre confrontare i dati a livello percentuale. I redditi dichiarati sulla base dei tre scaglioni presi a riferimento erano rispettivamente il 42,5%, il 48,8% e l’8,7% nel 2014, mentre nel 2018 erano rispettivamente il 44,5%, il 38,8% ed il 16,7%. Il reddito medio imponibile è stato di 17.816 euro nel 2014 e di 19.572 euro nel 2018. Quindi, tra il 2014 ed il 2022, quest’ultimo è aumentato del 46%, rispetto ad un’inflazione capitalizzata del 18,7% e del 20,85%, a seconda se si prende a riferimento il dato FOI (famiglie di operai ed impiegati) o IPCA (indice armonizzato, utilizzato dall’UE) rilevato in Italia. Si può pertanto affermare che il reddito da lavoro dei titolari di licenza individuale è cresciuto ben oltre l’inflazione, a differenza di quanto avvenuto per i lavoratori dipendenti e per i pensionati. Resta però estremamente basso. Ma il dato che deve far riflettere è la differenza tra il reddito da lavoro e quello complessivo. Abbiamo chiesto in occasione del tavolo istituzionale, che si è riunito più volte prima delle elezioni politiche del 2019, di quale natura fossero i redditi aggiuntivi e ci è stato riferito che si tratta in prevalenza di rendite catastali e affitti. Non ne è però stata identificata la misura: è verosimile che anche i proventi da rendite finanziarie abbiano un peso rilevante. In altre parole, chi dichiara redditi piuttosto bassi è però, in media, proprietario di immobili o disponibilità economiche considerevoli. È possibile che si tratti prevalentemente di ereditieri, oppure i redditi reali sono sempre stati in realtà ben superiori a quelli dichiarati? Ma veniamo ai numeri, che ci danno una chiara rappresentazione dei fatti: nel 2022 il reddito medio complessivo delle imprese individuali è stato pari a 35.266 euro annui, ovvero il 32,1% in più di quello da solo lavoro, mentre nel 2014 e nel 2018 l’incremento è stato rispettivamente del 28,4% e del 31,6%. Quindi, la tendenza è tutto sommato stabile. Occorre tenere conto di tre fattori, comuni a tutte le persone fisiche: 1) si tratta di una media; quindi, si va da chi ha tantissimi immobili e altri proventi a chi paga l’affitto e non ha risparmi, in particolare i giovani che hanno aperto l’attività da poco; 2) dal reddito da lavoro o pensione si possono dedurre le passività. Le voci principali sono: affitti ed interessi sui mutui, spese per protesi dentarie e sanitarie, oltre a quelle per consulenze diagnostiche, premi per le assicurazioni vita; 3) le rendite catastali per gli immobili destinati a civile abitazione sono aumentate del 50%, ma anche la quota esente, con effetto dal 2020. Ciò ha prodotto variazioni pressoché nulle per i piccoli proprietari, mentre l’incremento è stato più evidente per i grandi proprietari. Un ulteriore fattore, comune solo ai titolari di licenza individuale ed ai lavoratori autonomi, è che dai redditi aggiuntivi si possono dedurre 9.000 euro di spese tracciate con la SMAC. In assenza di tali deduzioni, i redditi aggiuntivi schizzerebbero ulteriormente verso l’alto. Crediamo che sarebbe opportuno svolgere approfondimenti rispetto alla congruità dei redditi dichiarati nei decenni e la loro rispondenza rispetto alle proprietà accumulate. Non abbiamo niente contro le ricchezze possedute dagli imprenditori o liberi professionisti grazie al lavoro, sia esso svolto attraverso impresa individuale o società di capitali, anzi è giusto che non siano tartassati dal fisco ma, se sono stati nascosti redditi imponibili, non deve succedere che “chi ha avuto, ha avuto, chi ha dato, ha dato.”
c.s. CSdL