In questi tempi, sia in Repubblica che in Italia, è alta la tensione per il dibattito politico. E spesso, nel confronto necessario e importante, a volte sembra che abbia più valore lo schieramento che le ragioni addotte. Questa non è certo una novità, ed è compito di coloro che ascoltano (superando a volte le suggestioni di quelli che comunicano) agire «cercando loro stessi i criteri del proprio orientamento», come ha ricordato Benedetto XVI al Bundestag tedesco. Così mi sono imbattuto in questa acuta riflessione di Origene, uno scrittore cristiano del III secolo, che, rispondendo alle accuse del pagano Celso, dichiara essere «ragionevole», cioè secondo ragione, opporsi alle leggi ingiuste. Egli dice, pressappoco, così: «Se uno fosse stato sbattuto dalla tempesta presso gli Sciti, le cui leggi sono abominevoli, e non trovasse alcuna occasione di allontanarsene e fosse costretto a vivere tra loro, allora costui, di fatto, per obbedire alla legge della verità, disprezzata fra loro, a buon diritto dovrebbe formare associazioni con le persone animate dai suoi medesimi sentimenti per una congiura che, vista nella prospettiva della loro legge, sarebbe illegale. […] Quindi non è assurdo e illogico impegnarsi in una congiura contro le leggi per amore della difesa della verità. Anzi agirebbe secondo il diritto anche colui che si impegnasse in una associazione segreta per toglier di mezzo un tiranno che si fosse impadronito dello Stato.» E questo pensiero è fatto proprio dal Papa Benedetto e ripreso, in un discorso ad alcuni politici francesi, anche da Papa Francesco, quando ha ricordato che, tra i compiti di un politico, c’è anche quello di «abrogare le leggi» ingiuste [http://www.vatican.va/content/francesco/it/speeches/2013/june/documents/papa-francesco_20130615_gruppo-amicizia-francia.html]. Siamo di fronte a una necessaria ripresa dell’impegno per il bene comune, sia con la necessaria chiarezza del giudizio, sia con la fattiva responsabilità nell’azione. E quello che affascina, nelle parole di Origene, antiche come la nostra «antica terra», è l’invito al mettersi insieme, perché l’azione possa portare frutto. Credo che di fronte al tentativo del potere, qualunque sia, di separare e dividere, la risposta più giusta stia nell’impegno a creare legami e relazioni costruttive, che rendano possibile, già nel loro presente, l’esperienza di quella novità che propongono. In questo realizzando quello che già Marx (ma preceduto dalla storia secolare dei cristiani) auspicava come punto necessario di partenza. Così infatti scriveva nei suoi «Manoscritti economico-filosofici del 1844»: «Quando gli operai comunisti si riuniscono, essi hanno primamente come scopo la dottrina, la propaganda, ecc. Ma con ciò si appropriano insieme di un nuovo bisogno, del bisogno della società, e ciò che sembra un mezzo, è diventato scopo. Questo movimento pratico può essere osservato nei suoi risultati più luminosi, se si guarda ad una riunione di «ouvriers» socialisti francesi. Fumare, bere, mangiare, ecc. non sono più puri mezzi per stare uniti, mezzi di unione. A loro basta la società, l’unione, la conversazione che questa società ha a sua volta per scopo; la fratellanza degli uomini non è presso di loro una frase, ma una verità, e la nobiltà dell’uomo si irradia verso di noi da quei volti induriti dal lavoro.» Voglio anche ricordare quanto diceva uno dei fondatori della Rosa bianca, uno dei gruppi giovanili che osò, pagando con la vita, opporsi al nazismo: «Del gruppo che qui ho messo assieme hai già sentito parlare. Gioiresti di questi volti, se tu li potessi vedere. L’energia che uno dedica a questi rapporti rifluisce tutta intera nel proprio cuore.» Temi come il lavoro, l’educazione, la famiglia, la difesa della vita dovrebbero essere all’ordine del giorno quotidianamente tra chi cerca il bene comune, e il racconto di quello che già si fa potrebbe essere il migliore punto di partenza.
Comunicato stampa
Don Gabriele Mangiarotti