Don Mangiarotti: «Chi ha paura di… un’ora di religione?»
Il decreto reggenziale del 3 ottobre 2022 sulle «Indicazioni curricolari dell’Insegnamento della Religione Cattolica» pare abbia dato il via a un dibattito che forse chiede maggiore attenzione, evitando i toni duri della crociata laicista. E uso questa parola consapevolmente, perché il terrore di un revanscismo cattolico che si impadronisca delle giovanissime menti dei «piccolissimi» studenti della scuola dell’infanzia sembra dettare accenti apocalittici, invece che favorire un serio e motivato confronto. Innanzitutto spero che nella «Antica terra della libertà» valga il diritto di replica, dato che sono chiamato in causa quale referente di un «insegnamento esplicitamente di natura confessionale», questo in combutta con la «Curia» (chissà se ritenuta la «sentina di tutti vizi al pari della antica Babilonia»?) In particolare mi riferisco al Comunicato Stampa dell’UDS non solo perché mi chiama in causa, ma perché offre l’occasione di esporre chiare motivazioni.
1. Parto da una considerazione in qualche modo condivisibile. Lo Stato (e pure la scuola) non è il padrone degli studenti. C’è un ruolo della famiglia che DEVE essere sempre tenuto in considerazione. E questo non a fasi alterne (e soprattutto quando si affrontano temi sensibili – vita, affetti, sessualità, scelte religiose…) ma in ogni occasione. E la scuola ne avrebbe certamente un vantaggio. Ho insegnato per anni e il confronto con le famiglie è sempre stato una grande opportunità. Non farebbe male riprendere queste considerazioni di un maestro (laico, sì, ma non laicista) che fu Mario Lodi: «Mi chiedevo: se questi genitori fossero liberi di scegliere la persona che educherà il proprio figlio come sono liberi di scegliersi il medico, il sarto, il parrucchiere, l’assicuratore, verrebbero da me? In una scuola che avesse come fine la formazione integrale e senza traumi del fanciullo, la scelta del maestro, o meglio dell’indirizzo pedagogico, dovrebbe essere il primo argomento da discutere fra genitori e insegnanti all’atto dell’iscrizione. Invece non se ne parla nemmeno, come se la scuola fosse la proprietaria dei bambini.»
2. L’ignoranza (della legge) non scusa. Se è purtroppo vero che a San Marino a volte i decreti e le leggi cadono nel vuoto, però è anche vero che l’Accordo tra Repubblica e Vaticano (non con la CEI come erroneamente affermato da alcuni) e la successiva intesa tra la Segreteria di Stato e la Diocesi è stato sottoscritto da tempo. Se tale Accordo (lo «apprendiamo ora» è stato detto) è caduto nel dimenticatoio non credo sia colpa di chi lo ha messo in vigore secondo tutta la sua portata.
3. Dal momento che il Comunicato dell’UDS riguarda quanto si afferma nel Decreto Delegato sull’insegnamento della religione nella scuola dell’infanzia (che così si esprime: «Nella scuola dell’infanzia i grandi temi di natura religiosa confluiscono nell’ambito dell’insegnamento di cultura religiosa, che – tenendo conto delle specifiche esigenze educative connesse all’età dei bambini e dell’opportunità di un approccio di tipo ludico e olistico – viene affidato agli insegnanti titolari di sezione e si collega alle Aree di esperienza che tradizionalmente accompagnano le logiche di progettazione della scuola dell’infanzia sammarinese») non mi pare che tale insegnamento promuova «una visione del mondo e dell’umanità di tipo creazionista [che] non dovrebbe mai essere un obiettivo della scuola pubblica, [ma] che dovrebbe, piuttosto, come già fa per tutte le altre discipline, promuovere un pensiero razionale, critico e libero da ogni dogmatismo». Non è, questa norma, un albero di Natale a cui attaccare tutte le palle indiscriminatamente. Forse leggere il Decreto nella sua interezza non farebbe male a nessuno.
4. Laicità non vuole dire laicismo. E la religiosità, anche per i piccolissimi, non è una astrazione, ma una esperienza. Per questo la voce esperta della componente cattolica (sarà la famigerata «Curia»?) non è se non l’inevitabile condizione di un cammino condiviso con coloro che, a SAN Marino, sono in qualche modo «esperti». E tali esperti sanno, forse meglio di chi continua a confondere cultura religiosa con catechismo, sia la differenza tra i due ambiti, sia la necessaria libertà di chi non provenendo da esperienza cristiana non vuole affatto essere «indottrinato». Amiamo troppo la libertà di questa Antica Terra per usare dei mezzucci per condizionarla.
5. Quanto poi alla «ragionevolezza» mi pare che la Chiesa cattolica abbia dalla sua parte tanti testimoni e protagonisti, che sono spesso stati capaci, al di là di stantie preclusioni “ottocentesche”, di costruire ponti di dialogo e di confronto. Comunque non mi pare che la presenza di un insegnamento qualificato come cattolico abbia costretto i sammarinesi a una fede imposta e forzata.
don Gabriele Mangiarotti
P.S. 1: Se a San Marino poi la satira non fosse serva del pensiero dominante (in fondo del potere) ma avesse più spina dorsale, forse si troverebbero motivi per correggere gli errori invece che fare propaganda a senso unico.
P.S. 2: Sarebbe auspicabile un confronto con esperti (e questo spesso è accaduto e accade in Repubblica) per dialogare su queste tematiche, che coinvolgono scuola e famiglia, e che sono occasione di un autentico servizio alla crescita dei giovani.
P.S. 3: Quanto alla Chiesa, ci sentiamo al servizio di coloro (educatori, insegnanti, genitori) che volessero approfittare della nostra esperienza educativa.
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