Don Mangiarotti: Istanze di libertà, per la vita di tutti
Cari amici sammarinesi,
l’istituto delle «Istanze d’Arengo» mi è sempre sembrato un bel segno di partecipazione del popolo alle decisioni comuni, attenzione alle esigenze che nascono e che pongono domande ai politici.
Da tempo penso, e l’ho scritto recentemente, che è necessario che il popolo sia sempre più responsabile della propria vita e dei valori che lo costituiscono. È questo un aspetto di quella «sussidiarietà» che caratterizza una vita civile e ordinata al bene comune, e che sa non dipendere dalle lobbies e dagli interessi di parte. In particolare questo richiede la rinascita della responsabilità di ogni famiglia.
Un grande amico ha scritto queste parole in una sua canzone: «Cammina il popolo quando sa bene dove andare», e credo che questo possa e debba essere il manifesto della nostra Repubblica. Repubblica che insistentemente ripropone come invito ad essere visitata lo slogan: «Lontana dai luoghi comuni, vicina a te». Mi pare, questo, l’invito a riscoprire una originalità (la «sammarinesità») che è il vero «Patrimonio dell’umanità».
Così ho letto tutte le nuove istanze di Arengo che sono state presentate ai nuovi Capitani Reggenti, e mi sono meravigliato (e anche un poco sconcertato) per quelle che chiedono la liberalizzazione dell’aborto e l’introduzione del diritto alla eutanasia e al suicidio assistito (qualunque ne siano poi le formulazioni con cui sono richieste).
Lo dico con un certo dolore. Le due istanze mi sono sembrate più i «pizzini» di Riina che delle proposte serie e motivate (come, ad esempio, quella che chiede una nuova intitolazione di uno spazio pubblico).
Stiamo chiedendo la morte dei bimbi nel seno della madre e il diritto di morire a cui devono sottostare i medici e gli operatori sanitari. E si tratta di un grave problema. Non bastano le poche righe dell’Istanza, che si rifanno a legislazioni straniere. Chiediamo al nostro popolo che sia sempre più autentico difensore della storia di accoglienza e di inclusione che è il nostro vero patrimonio. Per quanto riguarda l’aborto, pensiamo soprattutto sia alle vite innocenti «scartate» sia al pericolo che la nostra Repubblica scompaia per la grave crisi demografica che già ora segna la nostra vita comune.
E non dimentichiamo che «il valore inviolabile della vita è una verità basilare della legge morale naturale ed un fondamento essenziale dell’ordine giuridico. Così come non si può accettare che un altro uomo sia nostro schiavo, qualora anche ce lo chiedesse, parimenti non si può scegliere direttamente di attentare contro la vita di un essere umano, anche se questi lo richiede. Pertanto, sopprimere un malato che chiede l’eutanasia non significa affatto riconoscere la sua autonomia e valorizzarla, ma al contrario significa disconoscere il valore della sua libertà, fortemente condizionata dalla malattia e dal dolore, e il valore della sua vita, negandogli ogni ulteriore possibilità di relazione umana, di senso dell’esistenza e di crescita…» [Congregazione per la Dottrina della Fede, Samaritanus bonus].
Manteniamo con forza la passione per quella libertà che caratterizza la nostra esperienza popolare, così come ci è ricordata da Papa Francesco: «Si tratta di strade sbrigative di fronte a scelte che non sono, come potrebbero sembrare, espressione di libertà della persona, quando includono lo scarto del malato come possibilità, o falsa compassione di fronte alla richiesta di essere aiutati ad anticipare la morte. Come afferma la Nuova Carta per gli Operatori Sanitari: ‘Non esiste un diritto a disporre arbitrariamente della propria vita, per cui nessun medico può farsi tutore esecutivo di un diritto inesistente’» [Francesco, Alla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri, 20 settembre 2019].
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Comunicato stampa
Don Gabriele Mangiarotti