Don Mangiarotti: La provocazione della realtà
Non c’è niente da fare. Quello che sta accadendo provoca tutti noi a prendere posizione di fronte a questa pandemia. Giornali, TV, conversazioni private, social... insomma: sembra che siamo chiamati tutti a rispondere. Il nostro pensiero, forse per la prima volta, invece che ripetere gli slogan della modernità, deve fare i conti con una realtà che non ci si aspettava, con una fragilità e impotenza che sembravano vinte da quella scienza che - così si voleva far credere - ha in mano il destino buono per tutti.
E proprio oggi mi sono imbattuto in quello che diceva Gesù: «La verità vi farà liberi» così diverso da quanto il mondo sembra proporci.
So bene da che parte stare, e questi giorni sono una provocazione a cercare la verità, per non rimanere impigliati nelle pastoie di un pensiero che spesso rischia di soffocare l’uomo senza aprire prospettive di speranza.
Ho letto in questi giorni questo indignato commento di Filippo Anastasi, ex responsabile dell’informazione religiosa della Rai: «RaiUno taglia la messa di Papa Francesco. Poco fa ho assistito all’ennesima sciatteria della mia Rai. Sono stati capaci di tagliare la Messa del Papa, per la prima volta in diretta dalla Cappella di Santa Marta in solitudine… Meditate gente, meditate».
Chissà, forse è anche questo un ennesimo segno della crisi religiosa che nel nostro Occidente, e qui da noi in particolare, sta investendo la Chiesa. E possiamo anche accostare questo episodio all’articolo di Michele Serra, su Repubblica: «Il senatore Renzi ha detto … che, nella lunga guerra di posizione contro l’epidemia, un segnale importante sarebbe riaprire le librerie. Considerandole, come edicole e farmacie, un presidio contro angoscia e solitudine. Con le debite distanze di sicurezza, le mascherine e tutto il resto… È un momento favorevole ai libri, ce n’è bisogno, averne in casa anche una piccola provvista è come avere in casa una dispensa munita… Se dobbiamo, come si dice ogni giorno, rimettere in ordine i bisogni, non c’è dubbio che i libri abbiano riguadagnato, nelle ultime settimane, parecchie posizioni in classifica. (Le librerie come le farmacie. Michele Serra, Repubblica, 26 marzo 2020)».
Librerie sì, chiese no? Non è, una chiesa aperta, un presidio contro angoscia e solitudine?
Ma forse dobbiamo interrogarci proprio su questo fatto: se la Chiesa, oggi, sa riprendere la propria responsabilità di fronte al mondo, quella responsabilità che fa dire a un acuto osservatore del nostro tempo: «Una società priva di spiritualità soffoca, non respira, come per il virus. Non sappiamo se a questa crisi spirituale risponderà, almeno in Occidente, un risveglio del cristianesimo. Nei primi giorni dell’emergenza la fede e la Chiesa per la prima volta da secoli risultavano sparite davanti alla tragedia. Irrilevanti, defilate. Le chiese chiuse, il silenzio del Papa barricato e solo, la stessa preghiera solitaria del vescovo di Milano alla Madonnina in cima al Duomo, confermavano l’idea che questa crisi nasceva senza i conforti religiosi. La religione regrediva, per ragioni di salute, a programma tv o social. Come in una forzata svolta protestante, nasceva la religione per individui soli, fuori dalla Chiesa, una religione bricolage domestico, faida te. «Interiore». Poi non sono mancati esempi luminosi. Uno tra tutti: don Giuseppe Berardelli nella bergamasca, che capovolgendo il motto egoista mors tua vita mea ha ceduto il suo respiratore a un paziente più giovane, andando incontro alla morte. Con tanti eroi medici e infermieri, vanno onorati anche i sacerdoti martiri…» (Marcello Veneziani)
Ecco, credo che sia giunto il momento di difendere la nostra esperienza cristiana con le nostre armi e capacità, non è più il tempo di un cristianesimo a buon mercato, quello che ci preme dobbiamo saperlo vivere e comunicare senza paura e senza illusioni. È finito il tempo delle deleghe.
Così, se vorremo entrare nelle chiese, rispettando certamente le giuste precauzioni, dovremo farlo con il nostro impegno e la nostra convinzione, sapendo dare ragioni e sapendo comunque rischiare, come minimo l’incomprensione.
Quello che è certo è che dobbiamo farlo noi. Nessuno lo farà al posto nostro!
E, personalmente, non mi dispiace.
Comunicato stampa
Don Gabriele Mangiarotti