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Don Mangiarotti: No, l’aborto non è prestazione «strettamente indispensabile»

12 mar 2020
Don Mangiarotti: No, l’aborto non è prestazione «strettamente indispensabile»

Chi di noi ha letto questa notizia, ed è rimasto insensibile? Così è scritto: «Rimandare tutte le operazioni chirurgiche non strettamente indispensabili, le prestazioni ambulatoriali non urgenti e in generale le attività procrastinabili per liberare spazio e personale per l'emergenza coronavirus. È la misura adottata dagli ospedali nelle aree più colpite dal contagio, a partire dalla Lombardia, ed estesa nelle ultime ore anche a Toscana, Piemonte e Campania». E non si ferma qui la nota, perché continua: «Tutte le attività che possono aspettare vengono rinviate. Questo può riguardare interventi ortopedici (operazioni all'anca, al ginocchio o altro già in programma), interventi oculistici (per esempio quelli di cataratta), in alcuni casi anche pazienti oncologici, ma solo se gli interventi possono essere rimandati senza rischi… Per quanto riguarda le interruzioni volontarie di gravidanza, vengono fatte perché non sono differibili, quindi rientrano nelle urgenze. Si tratta comunque di un intervento in day hospital o farmacologico e che non comporta l'impiego di letti per la notte. L'aborto può essere rimandato di qualche giorno, ma deve essere fatto entro il limite previsto». Mentre leggevo queste note, accanto al dolore per coloro che vedono compromessa la loro salute e per i tanti che rischiano la vita per un virus che non ha pietà di nessuno, alleato della morte dell’uomo, ho riletto con acuta sofferenza che «le interruzioni volontarie di gravidanza vengono fatte perché non sono differibili». Si combatte la morte e insieme si dà la morte, senza rendersi purtroppo conto che l’aborto procurato è come una calamita per le maledizioni: distrugge volontariamente una vita umana, e chiama questo un «diritto della donna». E ho riletto le straordinarie parole di Madre Teresa, quando ha ricevuto il premio Nobel per la Pace e ha detto: «E oggi il più grande mezzo – il più grande distruttore della pace è l’aborto. E noi che stiamo qui – i nostri genitori ci hanno voluti. Non saremmo qui se i nostri genitori non lo avessero fatto. I nostri bambini li vogliamo, li amiamo, ma che cosa è di milioni di loro? Tante persone sono molto, molto preoccupate per i bambini in India, per i bambini in Africa dove tanti ne muoiono, di malnutrizione, fame e così via, ma milioni muoiono deliberatamente per volere della madre. E questo è ciò che è il grande distruttore della pace oggi. Perché se una madre può uccidere il proprio stesso bambino, cosa mi impedisce di uccidere te e a te di uccidere me? Nulla». In questi giorni, se pure a fatica, con molteplici interventi, i responsabili del bene comune ci ricordano che è giunto il momento di cambiare le nostre abitudini. E non solo nel ritrovarci, nell’igiene personale, nell’uso del tempo e così via, ma – credo – soprattutto nel chiederci che cosa possiamo imparare da quanto accade. Ricordate l’episodio in cui Gesù risponde a chi chiede ragione della tragedia sul lavoro che aveva colpito i suoi concittadini? Prendendo la parola, Gesù rispose: «Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subito tale sorte? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. O quei diciotto, sopra i quali rovinò la torre di Siloe e li uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? No, vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo». (Lc 13,1-9) Nella parola «conversione», come usata da Gesù, il significato è «cambiamento di mentalità», cioè avere un altro giudizio sulla realtà. Ecco, credo che questa circostanza che stiamo vivendo ci chieda proprio di imparare a valutare le cose, e quindi la vita e la sua difesa, in un altro modo, senza quell’attaccamento alle ideologie che ci tengono sempre più lontani dalla vita reale. E se dobbiamo e possiamo cambiare, questo è forse l’atto più umano che possiamo compiere. Guai a chi, testardamente, non è disposto a lasciarsi interrogare dalla realtà, e preferisce un discorso alla vita stessa. Gesù, con la parabola del Buon Samaritano, ci ha mostrato che vale di più la carità in atto che un attaccamento ai propri schemi. Ecco, la carità verso chi è più debole e bisognoso di «cura», il più indifeso tra gli esseri umani.

Comunicato stampa
Don Mangiarotti


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