Don Mangiarotti: "Per essere protagonisti non abbiamo bisogno del permesso"
La lezione di una «vecchina»
Accade di trovare affermazioni che confortano nel cammino quotidiano, perché aprono una prospettiva e sottolineano una responsabilità «possibile». È quanto accaduto leggendo queste parole di Don Guéranger: «I veri fedeli sono uomini che … traggono solo dal loro battesimo l’ispirazione per la loro linea di condotta; non sono dei pusillanimi che, col pretesto specioso di sottomettersi ai poteri stabiliti, aspettano, per correre contro il nemico o per opporsi alle sue azioni, un programma che non è necessario e che non si deve loro dare». E questo non vale solo per i credenti in Cristo, mi pare che sia una indicazione che mostra tutta la sua validità oggi, per ogni uomo che desideri vivere la realtà da protagonista. Siamo di fronte a un potere che sembra volerci dominare insinuando modi di pensiero e di comportamento secondo criteri che contrastano con le nostre convinzioni profonde, e tutto questo accade in maniera quasi subliminale, secondo quello schema che molti hanno chiamato la «finestra di Overton», così rappresentata: «Si possono costruire (e sono state costruite) campagne a favore di alcune idee non ancora accettate dalla società. Le idee passano dalle seguenti fasi:
1 impensabili (inaccettabile, vietato);
2 radicali (vietato ma con eccezioni);
3 accettabili;
4 sensate (razionalmente difendibili);
5 diffuse (socialmente accettabili);
6 legalizzate (introdotte a pieno titolo)».
Così accade spesso che ciò che fino a ieri era impensabile oggi diventa plausibile e addirittura oggetto di legislazione. In diversi Paesi europei, perfino certe aberrazioni come la pedofilia, l’incesto, l’infanticidio, il suicidio assistito sono motivo di discussioni e di interrogativi non astratti. Ma sarà questo un cammino inevitabile? Guardando quello che accade sembra che sia un processo inarrestabile. Ci conforta quello che sostiene Don Guéranger, che la riscossa non ha bisogno di altro che uomini consapevoli e convinti, e che non c’è bisogno di nessuno che ci dia il permesso. Come ho letto tempo fa nel drammatico testo di Solženicyn, Arcipelago Gulag: “N. Stoljarova ricorda una sua vicina nella prigione di Butyrki nel 1937, una vecchina. La interrogavano ogni notte. Due anni prima un metropolita fuggito dalla deportazione, di passaggio a Mosca, aveva pernottato da lei. «Mica un ex metropolita, macché, uno vero! Sì, avete ragione, ho avuto l’onore di ospitarlo.» «Bene. E da chi andò poi, partendo da Mosca?» «Lo so. Ma non lo dirò». (Il metropolita era fuggito in Finlandia con l’aiuto di una catena di fedeli.) I giudici istruttori si alternavano, si riunivano a gruppi, minacciavano la vecchina coi pugni, e lei: «È inutile, non mi farete dire nulla, anche se mi faceste a pezzi. Voi avete paura della autorità, avete paura l’uno dell’altro, avete perfino paura di ammazzare me [avrebbero perduto la «catena»]. Io invece non ho paura di nulla. Sono pronta a presentarmi davanti al Signore anche subito!».” Che lezione, e da una «vecchina»! non abbiamo bisogno di nessuno che ci dia il permesso di essere noi stessi e di testimoniare la verità. E qui, nella «Antica terra della libertà», questo è un impegno e un compito affascinante, e non siamo soli.
c.s. Don Gabriele Mangiarotti