Un amico mi ha segnalato questa pagina di Papa Francesco, nell’ultima enciclica: «[…] Si avverte la penetrazione culturale di una sorta di “decostruzionismo”, per cui la libertà umana pretende di costruire tutto a partire da zero. Restano in piedi unicamente il bisogno di consumare senza limiti e l’accentuarsi di molte forme di individualismo senza contenuti. In questo contesto si poneva un consiglio che ho dato ai giovani: «Se una persona vi fa una proposta e vi dice di ignorare la storia, di non fare tesoro dell’esperienza degli anziani, di disprezzare tutto ciò che è passato e guardare solo al futuro che lui vi offre, non è forse questo un modo facile di attirarvi con la sua proposta per farvi fare solo quello che lui vi dice? Quella persona ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto, perché possiate fidarvi solo delle sue promesse e sottomettervi ai suoi piani. È così che funzionano le ideologie di diversi colori, che distruggono (o de-costruiscono) tutto ciò che è diverso e in questo modo possono dominare senza opposizioni. A tale scopo hanno bisogno di giovani che disprezzino la storia, che rifiutino la ricchezza spirituale e umana che è stata tramandata attraverso le generazioni, che ignorino tutto ciò che li ha preceduti». Sono le nuove forme di colonizzazione culturale. Non dimentichiamo che «i popoli che alienano la propria tradizione e, per mania imitativa, violenza impositiva, imperdonabile negligenza o apatia, tollerano che si strappi loro l’anima, perdono, insieme con la fisionomia spirituale, anche la consistenza morale e, alla fine, l’indipendenza ideologica, economica e politica». Un modo efficace di dissolvere la coscienza storica, il pensiero critico, l’impegno per la giustizia e i percorsi di integrazione è quello di svuotare di senso o alterare le grandi parole. Che cosa significano oggi alcune espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità? Sono state manipolate e deformate per utilizzarle come strumenti di dominio, come titoli vuoti di contenuto che possono servire per giustificare qualsiasi azione.» Sembrano parole rivolte al nostro popolo sammarinese, che, in questo drammatico frangente della storia, da alcuni è invitato ad abbandonare la propria tradizione, per consegnarsi alle sirene dell’abbandono dei valori fondanti della nostra Repubblica, allineandosi a pensieri e comportamenti che, illusoriamente chiamati progressisti, ricacciano l’uomo nella antica abitudine del disprezzo della vita. La rupe Tarpeia, da cui si gettavano i figli ritenuti troppo deboli (e quindi inutili) o le madri amazzoniche che abbandonavano i figli non voluti nella foresta, non appartengono alla nostra tradizione di un santo fondatore! La fierezza della nostra identità e la consapevolezza del compito che abbiamo ci impediranno di cedere alle «nuove forme di colonizzazione culturale». Abbiamo bisogno di maestri che ci accompagnino a scoprire e ad amare la nostra storia e che finisca il pregiudizio che «ha bisogno che siate vuoti, sradicati, diffidenti di tutto». I nostri giovani meritano di più.
Don Gabriele Mangiarotti