Emendamenti al Decreto Delegato 38/2023: la CSU chiede al Consiglio di non approvarli
"Stravolgono l'impianto della legge sull'occupazione e hanno un effetto derogativo sui contratti di lavoro, che riteniamo inammissibile", scrive la CSU al Congresso di Stato e a tutti i Consiglieri. Gli amministratori di società senza dipendenti e i soci con quote superiori al 50% potrebbero essere inquadrati al 5° livello anziché al 7° o 8° come prevedono i contratti di lavoro; di conseguenza tutti i contribuenti dovrebbero farsi carico delle minori entrate contributive e fiscali. Sarebbe preferibile incentivare le licenze individuali, i cui titolari sono responsabili in prima persona in caso di inadempienze, piuttosto che le società, vista la totale impunità di chi ha pendenze nei confronti dello Stato e dell’ISS
All'ordine del giorno della sessione del Consiglio Grande e Generale che inizia domani, è prevista anche la ratifica il Decreto Delegato 38/2023, relativo alla legge 164/2022, che riforma le norme relative all'occupazione. Gli emendamenti previsti al Decreto, illustrati nei giorni scorsi al sindacato dal Segretario di Stato per il Lavoro, hanno suscitato la netta contrarietà della CSU, che oggi ha inviato una lettera a tutti i Consiglieri e al Congresso di Stato, con la richiesta di non approvarli o, in alternativa, di rimandare la ratifica dello stesso Decreto, in attesa del confronto. "In primo luogo - scrivono i Segretari Generali Enzo Merlini (CSdL) e Gianluca Montanari (CDLS) - rileviamo che verrebbe stravolto l’impianto della legge 164/2022, con riferimento alle società senza dipendenti ed alle condizioni con cui si esplicherebbe l’attività degli Amministratori e soci che possiedono più del 50% delle quote, oltre ad avere effetto derogativo sui contratti di lavoro, che riteniamo inammissibile. Gli ampi poteri del legislatore non possono giungere a modificare ciò che le parti sociali hanno concordato con efficacia erga omnes, ai sensi delle specifiche normative, poi ridisegnate con la legge 59/2016." La CSU si riferisce al fatto che i dirigenti delle società, in base alle norme contrattuali vigenti, sono inquadrati al massimo livello retributivo, ovvero al 7° o 8° livello. Gli emendamenti stabiliscono, in deroga ai contratti, che gli amministratori delle società possano invece essere assunti al 5° livello, anziché ai livelli superiori. "Non può essere una giustificazione il fatto che ciò non modificherebbe la situazione attuale, per effetto di una vecchia delibera della Commissione di Collocamento. Per la CSU la legge deve rimettere a posto le cose e non consolidare atti illegittimi." In tal caso, "i cittadini ed i contribuenti dovrebbero farsi carico delle minori entrate contributive e fiscali", derivanti appunto dall'inquadramento ad un livello più basso. "Con riferimento all’impatto di natura contributiva - prosegue la lettera CSU - vi sarebbe un duplice effetto: 1) l’amministratore operativo versa nella gestione separata, con il calcolo contributivo, per cui in linea teorica semplicemente percepirebbe una pensione più bassa. Resta il fatto che, qualora si tratti di un residente, potrebbe beneficiare dell’integrazione al minimo; 2) l’amministratore ordinario o socio maggioritario beneficerebbe del calcolo retributivo, più favorevole per effetto di una “retribuzione” più bassa. In altre parole, tutti i lavoratori e lo Stato farebbero solidarietà generalizzata nei confronti dei datori di lavoro o di chi ne fa le veci." Rispetto all'equazione secondo cui minori costi per le imprese produrrebbero maggiori utili, in realtà è risaputo che circa il 50% delle società dichiara bilanci in perdita o a pareggio, ed il 25% circa dichiara fino ad un massimo di 30.000 euro. Per la CSU questi dati sono inverosimili. Per le società senza dipendenti, "con la legge 164/2022 sono state perlomeno introdotte le imposte sul reddito da persona fisica, mentre con gli emendamenti proposti si tornerebbe a perpetuare la medesima situazione. Inoltre, per ovvi motivi, anche il regime fiscale per il reddito dei soci ed amministratori dovrebbe essere quello previsto per le imprese, e non per i lavoratori subordinati." La CSU esprime netta contrarietà anche agli emendamenti che prevedono deroghe generalizzate, seppure alcune di esse verrebbero sottoposte al vaglio della Commissione per il Lavoro: deroghe che possono essere totali o parziali. Tra queste ultime la possibilità per gli amministratori di avere un contrato di lavoro part-time. "Sarebbero invece sensate - precisa la lettera - qualora previste per un primo periodo relativo all’avvio dell’attività o nel caso l’Amministratore sia genitore di figli minori o in presenza di disabili all’interno del nucleo familiare." "Anche i titolari di licenza individuale dichiarano in gran parte redditi inverosimili e beneficiano del sistema previdenziale retributivo", sottolinea la CSU. “L'unica differenza è che questi soggetti sono responsabili in prima persona in caso di inadempienze verso i dipendenti, lo Stato e l’ISS. Lo stesso non si può dire dei soci ed amministratori: lo testimonia il lungo elenco di procedure fallimentari di società, concluse con un nulla di fatto per i creditori. Bisognerebbe quindi incentivare le licenze individuali, anche nei confronti di soggetti non residenti, piuttosto che il contrario, vista la pressoché totale impunità delle società inadempienti." "Per le ragioni sopra esposte - conclude la CSU - chiediamo di non approvare gli emendamenti al DD 38/2023 aventi le caratteristiche indicate, eventualmente rimandando la ratifica del Decreto in oggetto alla prossima sessione consiliare, al fine di verificare la possibilità di condividerne i necessari correttivi."
CSU
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