Sui temi sollevati, la CSU rivendica l'avvio di un confronto concreto e democratico fin dai primi giorni del prossimo 2016
14 dicembre 2015 - È inaccettabile che l'Esecutivo anche quest'anno abbia negato qualunque possibilità di confronto con la CSU sulla finanziaria 2016, né prima e né durante il Consiglio; è un metodo antidemocratico e autoreferenziale che non giova per nulla al paese.
Prendiamo atto che la maggioranza ha presentato un emendamento all'articolo 52 della legge finanziaria 2016 che prevede l'abrogazione del famigerato articolo 48 della precedente legge di bilancio, che tagliava l'indennità di malattia per i primi due giorni. Sindacato e lavoratori chiedono con forza a tutto il Consiglio Grande e Generale che l'emendamento sia approvato; cancellare questa norma così penalizzante per i lavoratori era la richiesta che la CSU aveva avanzato un anno fa, al momento della presentazione della stessa legge finanziaria.
Questa soluzione che, salvo sorprese, si sta delineando, è anche il frutto della pressante azione sul Governo della CSU, che ha portato avanti un serrato confronto con la Segreteria Sanità culminato nella firma dell'accordo del 1° giugno scorso (che la maggioranza non ha avviato all'iter consiliare), e di varie iniziative di coinvolgimento dei lavoratori, tra cui la raccolta firme avviata nei giorni scorsi. Raccolta firme che sarà sospesa nel momento in cui si avrà la certezza dell'approvazione dell'emendamento che ripristina la normativa precedente all'articolo 48 della finanziaria 2015.
Detto ciò, nella finanziaria 2016 non si intravede nessuna risposta alle richieste della CSU; non viene tracciata nessuna traiettoria di sviluppo, e questo è molto grave dal momento che questa legge è lo strumento principale di uno stato per impostare le politiche e gli investimenti pubblici per la crescita dell'economia e la ripresa dell'occupazione.
In una fase che vede 600 licenziamenti nel 2015 (la cifra peggiore dal 2008 ad oggi), e oltre 1.500 disoccupati, la maggioranza si è limitata ad un semplice rendiconto contabile, senza introdurre nessuna misura per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e per dare un futuro al paese.
Non è previsto neppure un impegno minimo ad una seria lotta al lavoro nero, che potrebbe liberare qualche centinaio di posti di lavoro in tempi rapidi, e nessun accenno al turnover di lavoratori del settore privato che nei prossimi anni verranno collocati in pensione (circa 500 nei prossimi anni). Con questi numeri, con precisi percorsi formativi si potrebbero recuperare circa 300 posti di lavoro all'anno.
Nessuna riposta anche rispetto all'allarme conti pubblici, con un debito consolidato che ammonta a 260 milioni più 102 milioni di titoli obbligazionari, che lo Stato emetterà per sostenere Carisp (40 milioni), per finanziare lavori pubblici (30 milioni), e in parte per restituirli alle banche che li avevano prestati allo Stato (32 milioni).
Al contempo nessun impegno rispetto alla necessità di riformare il sistema pensionistico, destinato al collasso in pochissimo tempo, in quanto non può reggere l'impatto dell'aumento del numero pensionati e dell'età media della vita, a cui fa da contraltare la forte diminuzione della base occupazionale.
Già dal prossimo gennaio il Governo deve aprire un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali per impostare una riforma complessiva del sistema previdenziale, da approvare in tempi brevi, che metta in sicurezza i fondi pensionistici e crei i presupposti necessari per assicurare pensioni dignitose alle giovani generazioni.
Nella stessa legge finanziaria non c'è traccia della restituzione da parte dello Stato dei 40 milioni di euro non versati al Fondo pensioni, e nemmeno della proposta del Governo di restituire tale somma in 10 anni con una rivalutazione del 2% annua. In assenza quindi di un nuovo provvedimento, si deduce che restano tuttora valide le norme previste dalle ultime tre leggi finanziarie, che stabiliscono il rientro di questa somma in tre anni. Se il Governo non dovesse rispettare questo impegno nei tempi previsti, di fatto andrebbe a violare tre leggi dello Stato, che lo stesso Parlamento ha votato negli anni.
Su questi temi la CSU rivendica l'avvio di un confronto concreto e democratico fin dai primi giorni del prossimo 2016.
CSU
14 dicembre 2015 - È inaccettabile che l'Esecutivo anche quest'anno abbia negato qualunque possibilità di confronto con la CSU sulla finanziaria 2016, né prima e né durante il Consiglio; è un metodo antidemocratico e autoreferenziale che non giova per nulla al paese.
Prendiamo atto che la maggioranza ha presentato un emendamento all'articolo 52 della legge finanziaria 2016 che prevede l'abrogazione del famigerato articolo 48 della precedente legge di bilancio, che tagliava l'indennità di malattia per i primi due giorni. Sindacato e lavoratori chiedono con forza a tutto il Consiglio Grande e Generale che l'emendamento sia approvato; cancellare questa norma così penalizzante per i lavoratori era la richiesta che la CSU aveva avanzato un anno fa, al momento della presentazione della stessa legge finanziaria.
Questa soluzione che, salvo sorprese, si sta delineando, è anche il frutto della pressante azione sul Governo della CSU, che ha portato avanti un serrato confronto con la Segreteria Sanità culminato nella firma dell'accordo del 1° giugno scorso (che la maggioranza non ha avviato all'iter consiliare), e di varie iniziative di coinvolgimento dei lavoratori, tra cui la raccolta firme avviata nei giorni scorsi. Raccolta firme che sarà sospesa nel momento in cui si avrà la certezza dell'approvazione dell'emendamento che ripristina la normativa precedente all'articolo 48 della finanziaria 2015.
Detto ciò, nella finanziaria 2016 non si intravede nessuna risposta alle richieste della CSU; non viene tracciata nessuna traiettoria di sviluppo, e questo è molto grave dal momento che questa legge è lo strumento principale di uno stato per impostare le politiche e gli investimenti pubblici per la crescita dell'economia e la ripresa dell'occupazione.
In una fase che vede 600 licenziamenti nel 2015 (la cifra peggiore dal 2008 ad oggi), e oltre 1.500 disoccupati, la maggioranza si è limitata ad un semplice rendiconto contabile, senza introdurre nessuna misura per favorire la creazione di nuovi posti di lavoro e per dare un futuro al paese.
Non è previsto neppure un impegno minimo ad una seria lotta al lavoro nero, che potrebbe liberare qualche centinaio di posti di lavoro in tempi rapidi, e nessun accenno al turnover di lavoratori del settore privato che nei prossimi anni verranno collocati in pensione (circa 500 nei prossimi anni). Con questi numeri, con precisi percorsi formativi si potrebbero recuperare circa 300 posti di lavoro all'anno.
Nessuna riposta anche rispetto all'allarme conti pubblici, con un debito consolidato che ammonta a 260 milioni più 102 milioni di titoli obbligazionari, che lo Stato emetterà per sostenere Carisp (40 milioni), per finanziare lavori pubblici (30 milioni), e in parte per restituirli alle banche che li avevano prestati allo Stato (32 milioni).
Al contempo nessun impegno rispetto alla necessità di riformare il sistema pensionistico, destinato al collasso in pochissimo tempo, in quanto non può reggere l'impatto dell'aumento del numero pensionati e dell'età media della vita, a cui fa da contraltare la forte diminuzione della base occupazionale.
Già dal prossimo gennaio il Governo deve aprire un tavolo di confronto con le organizzazioni sindacali per impostare una riforma complessiva del sistema previdenziale, da approvare in tempi brevi, che metta in sicurezza i fondi pensionistici e crei i presupposti necessari per assicurare pensioni dignitose alle giovani generazioni.
Nella stessa legge finanziaria non c'è traccia della restituzione da parte dello Stato dei 40 milioni di euro non versati al Fondo pensioni, e nemmeno della proposta del Governo di restituire tale somma in 10 anni con una rivalutazione del 2% annua. In assenza quindi di un nuovo provvedimento, si deduce che restano tuttora valide le norme previste dalle ultime tre leggi finanziarie, che stabiliscono il rientro di questa somma in tre anni. Se il Governo non dovesse rispettare questo impegno nei tempi previsti, di fatto andrebbe a violare tre leggi dello Stato, che lo stesso Parlamento ha votato negli anni.
Su questi temi la CSU rivendica l'avvio di un confronto concreto e democratico fin dai primi giorni del prossimo 2016.
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