Giuseppe Morganti (Ssd): "Mettere in sicurezza il Paese"
Quando l’Ocse nel 2001 avvertì San Marino che era iniziata la lotta contro le economie basate sui segreti bancario e societario, chi governava lo Stato e chi gestiva i centri di potere economico finse di non capire. La risposta dell’allora Segretario degli Esteri all’Ocse rappresenta una pietra miliare del modo privo di scrupoli con cui si declinò l’invito ad intraprendere la strada dell’adeguamento agli standard internazionali. Passarono 5 anni e nel 2006 il governo italiano propose a San Marino di sottoscrivere l’accordo per lo scambio di informazioni: un’occasione irrinunciabile, l’unica àncora di salvezza a cui potevamo aggrapparci. La sceneggiata che portò al rifiuto di quella firma è il simbolo dell’incapacità diplomatica di uno Stato che aveva perso ormai ogni contatto con la realtà, abbagliato dai facili guadagni. Il Ministro degli Esteri Fini era sul punto di partire per San Marino quando gli arrivò improvvisamente la comunicazione che qualcuno nel governo sammarinese aveva espresso dubbi sull’accordo. La conseguenza era immaginabile: la nostra economia finì nelle Black List di tutto il Mondo. Il peso delle volontà dei poteri forti di allora, dei nuovi (e vecchi) banchieri che riempirono le casse delle loro banche grazie al mantenimento del segreto, agì prepotentemente influenzando anche partiti dell’opposizione e le forze sociali. Chi allora sostenne che l’accordo che l’Italia ci offriva era fondamentale per evitare un futuro cupo alla Repubblica, venne addirittura accusato di essere un traditore che non difendeva le prerogative del Paese. Quelle stesse prerogative hanno provocato la più grave crisi economica di sempre. Le indecisioni continuarono anche dopo il 2006, con le reticenze ad aderire ai protocolli sulla trasparenza bancaria e finanziaria e all’Unione Europea. Solo dalla fine del 2008 alcune titubanze furono superate, ma troppo lentamente: la crisi era ormai in atto e stava già bruciando ricchezza, incendio che è costato il 30% del Pil. Le riserve pubbliche si sono immediatamente esaurite, le banche hanno accumulato deficit ingestibili e una massa enorme di crediti irrecuperabili. L’uscita dalle Black List ha trovato San Marino completamente impreparata nel fronteggiare una simile crisi. Ciò ha generato una forte sfiducia: internamente nel rapporto fra politica e forze sociali, all’estero, impedendo la ripresa degli investimenti e generando un’emorragia di capitali che ha ridotto di due terzi la raccolta bancaria. Oggi l’economia è sottoposta al rischio di essere degradata a livelli di completa inaffidabilità, mentre la liquidità dello Stato ha raggiunto i livelli di massima allerta. L’attuale maggioranza ha rimosso con coraggio gli ultimi baluardi di sacche di potere (economico, ma anche sociale e politico) che si annidavano in particolare nelle banche, senza lasciarsi condizionare da alcuna preferenza, ma ora è però giunto il tempo di ricostruire. La “Ricostruzione” può avvenire solo con il più ampio consenso. Ricostruire significa infatti rimodulare i fondamentali dello Stato Sociale a partire dalle pensioni e dalla diversa erogazione dei servizi, disegnare l’assetto fiscale dell’imposizione diretta e di quella indiretta, mettere in equilibrio i bilanci delle banche aggredendo con determinazione il problema degli NPL e attivando nuove fonti di ricavo basate sulla professionalità, significa ricercare un equilibrio fra pubblico e privato nei tempi di lavoro e nelle retribuzioni, significa soprattutto impostare politiche di spesa pubblica per gli investimenti e adottare strumenti per lo sviluppo che ridiano slancio all’economia scegliendo la strada giusta, quella che punta sulle capacità e le competenze. Per Ricostruire occorrono risorse finanziarie e nel Paese non ci sono più. Sono state tutte impegnate nel sostenere i costi di una crisi senza precedenti. Anche questo è uno dei motivi per cui occorre unità nel decidere i modi per accedere al credito internazionale e per adottare i provvedimenti capaci di ripagare le rate di interessi e capitale. In sintesi l’obiettivo di tutto il Paese, forze politiche, sociali, economiche e cittadini è quello di generare le condizioni di equilibrio per il bilancio dello Stato affinché si possa impedire il collasso e riprendere a sostenere lo sviluppo. Con grande intelligenza (e moltissima modestia) è questo il percorso politico intrapreso dalla Segreteria alle Finanze da quando ha ottenuto che tutti gli attori si sedessero al tavolo per decidere la soluzione di una delle crisi bancarie più gravi, quella di Banca Cis. Questa modalità operativa e questa condivisione deve essere adottata per affrontare le scelte che riguardano la sicurezza del Paese. I nodi sono giunti al pettine e la politica deve essere lungimirante nel capire che c’è bisogno di un percorso di unità basato su un programma chiaro fatto da pochi, ma sostanziali, punti e che impedisca ogni restaurazione e ritorno al passato.
c.s. Giuseppe Maria Morganti (SSD)