I commercianti di Rimini scrivono a Bonaccini
I commercianti del centro storico di Rimini prendono carta e penna e affidano al presidente di Confcommercio della provincia di Rimini, Gianni Indino, una lettera da fare pervenire al presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini. Una lettera accorata, in cui trapela il forte disagio per un anno trascorso senza lavoro e senza prospettive per il futuro di interi comparti economici, ritenuti “non essenziali”, dai bar ai ristoranti, dai negozi di abbigliamento e calzature, fino a gioiellerie e arredamenti. Un grido di protesta e una richiesta di aiuto, accompagnati da proposte concrete per una veloce riapertura in sicurezza.
“Abbiamo chiesto al presidente Indino di inviare questa nostra lettera al presidente della Regione, Bonaccini affinché si faccia portavoce della nostra arrabbiatura. Siamo tanti – spiegano Patrizia Mainardi e Katia Damiani, commercianti del centro storico di Rimini - ma racchiusi in pochissime categorie e ci sentiamo fortemente discriminati da questa ennesima imposizione di chiusura per i nostri negozi. Dopo un anno di limitazioni non abbiamo più la forza, economica ma soprattutto morale, di andare avanti: ci sentiamo presi in giro da leggi che richiedono sacrifici solamente a pochissime categorie. Tutto in città prosegue come se niente fosse sotto ai nostri occhi, mentre noi siamo obbligati a tenere le serrande abbassate e a fare sacrifici che non siamo più in grado di affrontare. Le persone bussano ai vetri dei nostri negozi e ciò significa che hanno bisogno, ma noi non possiamo vendere. Così non si può continuare. Non chiediamo maggiori sostegni, chiediamo di poter lavorare come sappiamo fare, con tutte le precauzioni di sicurezza che abbiamo adottato e che sappiamo utilizzare. Di soluzioni per garantire anche a noi di lavorare, volendo ce ne sarebbero e cogliamo questa occasione per proporle alle istituzioni, come la possibilità di aprire i negozi su appuntamento, oppure solamente durante i giorni feriali. Crediamo che sia più che mai urgente adottarle, perché le persone si stanno stancando e tra poco a rischio non ci saranno solo le nostre attività, ma la tenuta sociale. Questa totale incertezza porta solo sfiducia e rischio di anarchia”. “Il nostro ruolo di associazione, di rappresentanza tra imprese e istituzioni, ci impone di trovare soluzioni, di accompagnare le aziende nella crescita, di stare al loro fianco nelle difficoltà, di tranquillizzarle – spiega Gianni Indino, presidente di Confcommercio della provincia di Rimini - ma più passano i mesi, più questo compito diventa complicato davanti ad una realtà che vede le nostre imprese fortemente discriminate dai provvedimenti restrittivi che paiono ormai valere solo per loro. Bar, ristoranti, negozi al dettaglio non alimentare sono allo stremo e ce lo dicono ogni giorno. Questa volta l’ appello degli esercenti del centro storico di Rimini ci arriva per iscritto e ce ne facciamo portavoce con il presidente della Regione Emilia Romagna al quale si appellano, aggiungendo anche la nostra sollecitazione che va ad aggiungersi alle numerosissime interlocuzioni avviate con i massimi vertici regionali da ormai più di un anno. Intorno a noi tutto va avanti, lo vediamo ogni giorno. Essere gli unici demonizzati, vilipesi, presi a capro espiatorio non fa che acuire differenze e strappi economico-sociali. Perché l’abbigliamento o le calzature sono più rischiose del trasporto pubblico? Non c’è risposta. Qui si propongono soluzioni e confidiamo che vengano accolte: sul nostro territorio sono a rischio centinaia di imprese. Chiediamo né più e né meno quello che è concesso agli altri: lavorare seguendo protocolli, distanziamenti e sicurezza. Ora circolano voci di una possibile uscita dalla zona rossa solo a fine aprile. Non è accettabile e continueremo a protestare finché non si adotteranno soluzioni di buonsenso. Una protesta non chiassosa, ma ferma e costruttiva. Chiediamo al presidente Bonaccini, che ringraziamo per l’attenzione e l’aiuto alle imprese che ha dimostrato finora, di farsene portavoce presso il governo. Prima che sia troppo tardi”.