In periodi storici ormai lontani l’omicidio e il furto erano condannati!
Sarà motivo di esultanza, certamente per l’Unione Donne Sammarinesi, sapere che il Referendum proposto per proporre l’aborto in Repubblica ha ricevuto la qualifica di AMMISSIBILITÀ da parte del Collegio Garante della Costituzionalità delle Norme. E soprattutto la costatazione (dal Collegio stesso ripetuta ben due volte) dell’assenza del Comitato del no, cioè di voci contrarie a tale proposta. Per coloro a cui piace vincere facile, questo è già un bel traguardo. Così si può dare da intendere che la popolazione è, per la maggior parte, favorevole alla depenalizzazione dell’aborto, anzi, all’aborto come diritto (ops, è stato scritto che si constata una “ovvia consapevolezza che non esiste un diritto all’aborto, né un diritto assoluto della vita da parte del feto”, salvo poi ad affermare che l’interesse dell’aborto è «preponderante»). Ma non sembra che, in campo giuridico, il «comune sentire» sia fonte di diritto, né che l’“origine in periodi storici ormai lontani” di fattispecie criminose sia indice della loro decadenza. Saremmo in presenza della decadenza dello stupro, del furto, dell’omicidio, e di tanti altri delitti la cui condanna ha una origine situata in «periodi storici ormai lontani». Come ha ricordato Claudio Magris nel suo articolo «Gli sbagliati», a cui risponde Italo Calvino (ma il testo di Magris è stato cancellato da ogni sito internet e da tutti coloro che pure lo hanno citato come occasione per la risposta di Calvino stesso, oggetto di una damnatio memoriae dal sapore Orwelliano), pensiamo che ci troviamo di fronte a una «concezione regressiva, …, secondo la quale la legge dovrebbe comunque adeguarsi al costume, rispecchiare e sanzionare i fatti. Se così fosse, le leggi razziste dell’Alabama sarebbero giuste perché si adeguano al costume razzista imperante, e lo stesso varrebbe per le leggi di Norimberga, che s’adeguavano al diffuso antisemitismo…, che riflettevano un costume comune. La legge democratica, rivoluzionaria deve incidere sul costume, tendere a correggerlo e a modificarlo… La «non scritta legge degli dei», per la quale si batte Antigone contro il tiranno della città, è la legge di ciò che deve essere, non di ciò che è; la tensione alla libertà, non la codificazione della schiavitù.» Per quanto poi riguarda “la silenziosa disapplicazione di norme del codice penale sammarinese [che] costituisce la più evidente dimostrazione dei reali sentimenti della società civile: i cittadini non percepiscono l’aborto come violazione di norme penali e morali e non biasimano le donne costrette ad interrompere la gravidanza”, colpisce la motivazione della sentenza diretta ad equiparare, a parificare la Repubblica al resto dell’Europa (anzi: ad una parte del resto dell’Europa perché, come ammette implicitamente un passaggio, non tutti i paesi del Consiglio d’Europa consentono l’aborto volontario). Questa volontà di assimilazione viene tratta da due elementi assolutamente evanescenti: il fatto che il Tribunale di San Marino non si sia mai pronunciato sugli articoli del codice penale sanmarinese che puniscono l’aborto volontario e la circostanza che, nel corso del 2016, sono state presentate ed accolte tre istanze d’arengo vertenti sulla depenalizzazione del reato di aborto. Come si vede, l’argomentazione è pretestuosa: se il Tribunale di San Marino non si era mai pronunciato sulle norme penali in materia di aborto, che utilità avevano le istanze di arengo che chiedevano la depenalizzazione di condotte che non erano mai state punite? E’, appunto, la volontà di assimilare la Repubblica ad una parte di Europa: quindi la palese volontà di negarne l’indipendenza. E questo facendo leva su “una silenziosa accettazione da parte della società civile sanmarinese” perché, sostengono i promotori, “i cittadini non percepiscono l’aborto come violazione di norme penali e morali e non biasimano le donne costrette ad interrompere la gravidanza”: ma senza affatto dimostrare che siano stati eseguiti aborti volontari a San Marino e che non siano stati perseguiti e, soprattutto, fingendo che coloro che si oppongono al riconoscimento dell’aborto come diritto soggettivo assoluto vogliano “biasimare la donna”, così come che tutte le donne che abortiscono siano a ciò “costrette”. Ancora, la assimilazione forzata alle regole di una parte dell’Europa, tanto perseguita dai promotori, viene fondata sulle istanze di arengo, pur dovendosi ammettere che “il legislatore è rimasto silente”: cosicché, accanto alla “silenziosa accettazione” della popolazione, viene posta la decisione del Consiglio Grande e Generale, rappresentativo del popolo sanmarinese, di non legalizzare l’aborto. A San Marino esiste la democrazia rappresentativa, temperata dalla possibilità di adire al Referendum nelle sue tre diverse modalità. Forse potremmo chiederci se l’abolizione del Quorum, in questa precisa circostanza, sia indice di maggiore democrazia o di facile populismo. E se l’esito del Referendum ci facesse dimenticare che siamo «l’antica terra della libertà», quella libertà che ci ha fatto essere protagonisti della accoglienza e del rispetto di ogni vita umana, a partire proprio dalla più indifesa?
Don Gabriele Mangiarotti