L’unico dato positivo di questa tornata elettorale è che la coalizione della destra non ha stravinto, non ha raggiunto quel risultato che le avrebbe consentito di cambiare la Costituzione. La crescita della Meloni è in gran parte dovuto ai voti sottratti ai suoi alleati e all’assenza di una ampia coalizione di centrosinistra in grado di contendere i collegi uninominali. Abbondano invece i dati negativi. In primo luogo l’astensionismo in costante aumento. E’ la spia della quasi totale assenza della politica in mezzo alle persone, non solo e non tanto quando ci sono scadenze elettorali, ma ogni giorno di ogni settimana. Nella sinistra italiana si è prevalsa la scorciatoia dell’uomo solo al comando, delle campagne elettorali personalizzate senza i simboli di partito, ecc. ecc. In mezzo alla persone non c’è più nessuno! I circoli stentano, le Agorà non hanno avuto seguito. In secondo luogo si è andati al voto senza un’identità, nascosti per ignavia dietro l’ “Agenda Draghi”, un programma nato da un (necessario?) compromesso fra forze politiche distanti fra loro. Il PD è stato penalizzato perché non ha saputo indicare proposte capaci di attaccare la crescente diseguaglianza sociale e la precarizzazione del lavoro che colpisce soprattutto i giovani. In terzo luogo la presunzione di andare al voto senza una vera politica di alleanze. Certo, il PD non è stato il solo a scegliere, sia la coppia Renzi e Calenda che Conte hanno pensato di riuscire meglio presentandosi da soli. A Conte il gioco egoistico è in parte riuscito. Noi siamo convinti che il “Campo largo” invocato da Bersani avrebbe avuto una capacità attrattiva superiore perché conteneva un elemento competitivo che le tre sigle da sole non hanno avuto. La somma dei risultati è lì a confermare l’ampiezza della base elettorale di centrosinistra se solo si fosse riusciti a tenerla insieme. In quarto luogo appaiono deboli le giustificazioni della classe dirigente del PD riminese e dell’Emilia-Romagna quando denunciano l’assenza di identità e di alleanze. E’ legittimo chiedersi dove erano loro mentre il PD decideva. Si apra ora, finalmente, una fase costituente delle forze progressiste, a partire dalla difesa della Costituzione e dei diritti, per aprire fronti di lotta alla diseguaglianza nelle periferie e nelle fabbriche, per difendere i beni comuni come sanità, scuola, acqua pubblica, energia, dai processi di privatizzazione che la destra metterà in campo per affrontare il tema del crescente debito pubblico. Su questo terreno il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle ci troveranno pronti al lavoro comune.
c.s. Articolo Uno Rimini