L’epoca degli ultimi uomini di Gabriele Mangiarotti
Ci sono tempi in cui ci è sempre più chiaramente richiesto di agire, e di avere una chiarezza di giudizio su quello che accade, per non lasciare che quanto accade ci determini in maniera inarrestabile. Viviamo infatti in epoca drammatica, nella quale diventa sempre più necessario riconoscere i criteri per cui agire e i maestri da cui imparare. Così capita di leggere alcuni giudizi che indicano chiaramente lo stato della questione e suggeriscono la strada da percorrere per ritrovare un cammino umano e dignitoso. Ho trovato, in questi giorni, questa citazione di uno di fondatori di Charta 77, un movimento di uomini liberi che, nella Cecoslovacchia dominata da un comunismo dal volto “inumano”, richiamava, con autentico rischio personale, i principi umani per una politica capace di resistere alla barbarie comunista. Credo che questo insegnamento sia attuale anche ora, nel momento storico in cui il potere rischia di dimenticare le ragioni per cui la politica è un atto destinato al bene della società (e non all’interesse di caste) e in cui gli spazi di libertà si vanno sempre più restringendo, senza che si realizzi una autentica capacità di resistenza. Basta vedere le forme di censura che i vari social mettono in atto, da Facebook a Twitter e Google, accettate e tollerate passivamente. Di fronte a questo, molti di noi sembrano come ipnotizzati e paralizzati, incapaci di cambiamento, solamente fermi a un lamento sterile. «Tradizione europea significa non poter mai vivere al di là della coscienza riducendola a un apparato anonimo come la legge o lo Stato. Questa “fermezza” della coscienza è una eredità della tradizione greca, cristiana e borghese. L’irriducibilità della coscienza alle istituzioni è minacciata nell’epoca dei mezzi di comunicazione di massa, degli Stati totalitari e della generale computerizzazione della società. Infatti è molto facile per noi riuscire a immaginare istituzioni organizzate così perfettamente da imporre come legittima ogni loro azione. Basta disporre di una efficiente organizzazione per legittimare qualunque cosa. Così potremmo sintetizzare l’essenza di ciò che ci minaccia: gli Stati si programmano i cittadini, le industrie i consumatori, le case editrici i lettori, ecc. Tutta la società un po’ alla volta diviene qualcosa che lo Stato si produce». (V. Belohradský, L’epoca degli ultimi uomini, in «L’Altra Europa», n. 6, novembre-dicembre 1986, pp. 5ss.) Noi non siamo gli «ultimi uomini», sappiamo chi siamo e amiamo la nostra storia, certi di trovare in essa i criteri per un presente giusto e dignitoso. E sappiamo che possiamo anche metterci insieme per costruire spazi di umanità. E quando leggiamo notizie false, cerchiamo di non cascare nel tranello dell’inganno universale, perché in «luoghi deserti / noi costruiremo con nuovi mattoni. / Ci sono macchine e mani, / e calce per nuovo cemento. / Dove i mattoni sono crollati / noi costruiremo con nuove pietre. / Dove le travi sono spezzate / noi costruiremo con nuovo legno. / Dove la parola non è pronunciata / noi costruiremo con nuovo linguaggio. / C’è un lavoro comune, / e c’è una fede per tutti, / un compito per ognuno. / Ogni uomo al suo lavoro.» (Eliot)
Don Gabriele Mangiarotti