Il rapporto fra l’Europa e San Marino, che langue da sette lunghi anni, sta subendo una svolta. Positiva? Negativa? Difficile dirlo nel suo complesso. Certamente positiva per quanto riguarda il cambio del negoziatore: sarà infatti Maroš Šefčovič il nuovo delegato ai rapporti con San Marino, Monaco e Andorra col compito di negoziare l’accordo di associazione. Šefčovič, uno degli 8 vice presidenti della Commissione, ha una visione legata ai valori sociali e culturali che hanno fatto grande l’Unione Europea, una figura che non si lascia sopraffare dal mero economicismo che tanti danni ha generato alla credibilità del grande progetto del nostro continente. I suoi ideali democratici e di sinistra possono reinterpretare il rapporto con i Piccoli Stati e soprattutto con San Marino, elevando il rapporto ad una dimensione di politica culturale, laboratorio di democrazia e promotrice di nuove libertà. Questa è dunque la novità che potrebbe fare uscire dalla palude il rapporto fra San Marino e la Ue, ancora bloccato da elementi meramente economici quale quello delle garanzie per l’accesso al mercato bancario e finanziario europeo, del libero stabilimento delle persone e delle imprese, del superamento del T2 sull’import/export. L’opportunità offerta dal nuovo delegato pare però essere compromessa dal cambio di rotta che i tre Piccoli Stati hanno adottato proprio in questi giorni. L’annuncio a sorpresa è quello del Segretario di Stato per gli Affari Esteri, che ha dichiarato che i tre Stati hanno chiesto di invertire l’ordine dei temi in discussione per dare al negoziato “un contorno più specifico” a partire dall’integrazione nel mercato unico degli strumenti finanziari, e alla dimensione del principio di libera circolazione dei lavoratori e di libero stabilimento delle imprese. Una mossa sicuramente in contrasto con le caratteristiche espresse dal nuovo negoziatore e che rafforza l’idea per cui l’interesse di San Marino per l’Europa sia solo quello legato allo sfruttamento del suo mercato. Certamente è importante che dopo la débâcle subita da San Marino con la Convenzione Monetaria, che ha imposto l’adeguamento delle struttura finanziaria a regole difficilmente sostenibili per un piccolo Stato, ci sia ora almeno la possibilità di fare operare le aziende di diritto sammarinese nello spazio europeo. Ma la nuova impostazione assunta dal Segretario per gli Affari Esteri, senza alcun confronto preventivo con il Consiglio o per lo meno, con la Commissione Consiliare Affari Esteri, delegata dal Consiglio stesso a seguire passo dopo passo il negoziato, risulta per lo meno azzardata e rischia di allontanare la Repubblica da obiettivi importanti come quello dell’accesso ai programmi europei di finanziamento che risultano sempre più essenziali per superare le criticità attuali e per progettare le grandi transazioni che riguarderanno le telecomunicazioni, l’energia, l’istruzione e la sanità. I Paesi intorno a noi si sono già incamminati lungo questo percorso, la Repubblica di San Marino, per le continue scelte sbagliate, rischia di rimanere pesantemente indietro, isolata politicamente e culturalmente. Non facciamo ancora una volta l’errore di rimanere al margine dato che la scarsa lungimiranza politica che ha impedito un deciso passo verso l’adesione, ci ha escluso dal contesto politico europeo, ambito in cui avremmo potuto dire ed ottenere molto.
(Giuseppe M. Morganti - Libera)