SUMS FEMMINILE

La virtù della riconoscenza attraverso l’arte

La virtù della riconoscenza attraverso l’arte.

Come persone e come comunità siamo di continuo immersi in eventi negativi, e le parole che usiamo sono: crisi, emergenza, sopraffazione, povertà, vecchiaia, solitudine ed altro. Durante la fase di rilancio della SUMS femminile, che sta riflettendo con determinazione sull’uguaglianza tra donne e uomini e sulla scelta che donne e uomini lavorini insieme per il bene in comune, l’intera organizzazione intende sperimentare la strategia della positività, attraverso lo studio del percorso delle virtù, intese come qualità di personalità delle persone e delle strutture intermedie che compongono la comunità sammarinese. Avere ed esercitare le virtù, significa intessere relazioni positive e relazioni gratificanti, che pongono in essere rapporti di reciprocità. E’ un esempio di reciprocità quando facciamo azioni positive per il nostro prossimo e il nostro prossimo esprime sentimenti di gratitudine. Suor Gloria Riva è una donna di grande erudizione che si è assunta il compito di parlarci della Virtu’ della riconoscenza attraverso l’arte; la bellezza delle opere sarà la chiave interpretativa della bellezza umana. Pubblichiamo una sintesi della sua relazione. Il testo integrale è pubblicato sul profilo facebook della SUMS femminile. Riconoscenza e gratitudine La riconoscenza, in greco eugnomosune e in latino gratia, è indissolubilmente legata alla gratitudine. Il vocabolo greco, composto da εὖ + γνόμον cioè bene + conoscere implica proprio riconoscere il bene e, dunque, comportarsi di conseguenza. Giovanni Cappelli Una stupenda statua in marmo di carrara attribuita al modenese Giovanni Cappelli ci regala l’immagine delicata della personificazione della riconoscenza. Una giovane che si porta la mano al seno, come toccata, appunto, dalla gratitudine e l’altra mano invece, aperta al dono. La sua postura in ginocchio lascia intendere anche una dimensione religiosa della gratitudine, il riconoscimento grato, rivolto a Dio, per ciò che dalla vita si ha ricevuto. Associata a riconoscenza e gratitudine è anche la charis, latina, cioè alla carità. Come gratuitamente si riconosce di aver ricevuto così gratuitamente si dona. Giotto Per penetrare più profondamente questo aspetto della gratitudine legato appunto alla risposta è utile vederne anche gli effetti contrari, guardare cioè a ciò che gratitudine non è. Giotto negli affreschi della Cappella degli Scrovegni (1305), ha voluto dipingere una teoria di virtù interfacciate con i corrispettivi vizi. La carità è una giovane donna ritratta frontalmente in una postura che già da sola esprime accoglienza e presenza pronta. Il suo volto è rivolto verso l’alto poiché, infatti, riceve innalzando la mano sinistra un cuore da Cristo stesso. L’altra mano destra, invece, è abbassata verso i fratelli mentre dona un cesto colmo di frutti fra i quali spicca il melograno simbolo di una fecondità diffusiva. Contrapposta alla carità è l’invidia, donna arcigna dall’età indefinibile nella usa bruttezza. È colta di profilo mentre con una mano artigliosa cerca di arraffare tutto quello che può mentre con l’altra mano stringe un sacchetto di denaro. Un serpente le circonda il capo mentre la tesa del serpente è diretta verso gli occhi, accecandola. Il suo volto è munito di orecchie smisurate tese all’ascolto di ogni diceria o di ogni notizia che possa essere girata a proprio vantaggio. La persona invidiosa vede e ascolta solo ciò che corrisponde ai suoi fini egoistici, dissociandosi dagli altri e dalla realtà. Non così la carità che, invece è gratuita e munifica, libera e aperta alla verità. Renè Magritte Anche il laicissimo Renè Magritte, quando ha voluto esprimere la riconoscenza infinita (titolo di uno dei suoi dipinti), non ha potuto fare a meno di scomodare il cielo, simbolo dell’infinito e di Dio stesso. Egli infatti, colloca due amici che dialogano affabilmente camminando fra le nubi e un cielo azzurro e terso, indice della trasparenza e della gratuità del loro conversare. Viene alla mente una celebre frase della tradizione cristiana: conversatio vostra in coeli est. Abbiate cioè discorsi rivolti a cose alte e tutta la vostra vita ne sarà illuminata. Tre verbi e tre immagini di gratitudine Un’immagine altamente rappresentativa della gratuità e della riconoscenza ci viene dal Portogallo, dove lo stile manuelito è ricco di simbolismi provenienti da diverse culture. Il Palacio Nacional de Ajuda, monumento nazionale e scrigno di arte e cultura, è circondato da più di trenta statue raffiguranti le virtù, una di queste cade sotto il titolo di Gratidaō. L’artista Joaquim Machado de Castro (1731 – 1822), raffigura una giovane guerriera che abbraccia uno scudo che reca l’immagine dell’elefante, nella stessa mano tiene una pianta di fagioli mentre nell’altra Regge una cicogna. Le tre immagini, possono essere curiosamente e sorprendentemente collegate a tre verbi ebraici che raccontano la gratitudine e la riconoscenza: todah, hodayah e hesed. Todah è la parola più immediata: todah rabbah! Grazie mille! È la gratitudine spicciola e quotidiana legata soprattutto alla memoria del bene ricevuto. L’elefante è proprio un antico simbolo della tradizione orientale legato alla memoria. Difficilmente questo animale dimentica il bene ricevuto e la letteratura indiana è ricca di esempi e racconti circa la capacità di questo animale di ricordare il bene ricevuto dall’uomo e corrispondervi con atti di gratitudine. La parola hodayah esprime più direttamente un senso religioso della riconoscenza. A questa parola è possibile associare la cicogna. Questo animale in ebraico è denominata hasidà החסיד cioè la pia. La cicogna quando si libra in volo sembra un angelo e, candida, brilla nel cielo. Edifica in luoghi alti ed usa carità (hesed חסיד) con quelli della sua specie, per questo da un midrash rabbinico viene un poco criticata. La hoda= lode più la yah finale (nome divino), sprona a riferire ogni cosa a qualcuno che sta più in alto, senza dimenticare però quelli meno fortunati di noi. La lode a Dio va sempre accompagnata dall’attenzione all’uomo e, nello stesso tempo, una troppo premurosa attenzione all’uomo lascia spesso in ombra (almeno nel nostro tempo) la lode e il riferimento a Dio. La hesed è il vocabolo più altro quello che tutto comprende: la carità verso Dio e verso gli uomini. L’associazione al fagiolo deriva dal fatto che questo ortaggio era considerato simbolo di gratitudine e riconoscenza. Fagioli e nei piselli (associati spesso nell’arte) hanno i loro frutti radunati insieme nel medesimo baccello, ciò li rende simboli di amicizia e comunione. Il fagiolo ha un fiore e una pellicola rossiccia il che ne fa simbolo di castità e di amore. Per le sue proprietà energetiche è rimando alla forza e alla tensione verso la verità. Il fagiolo, crescendo a spirale è diventato segno della risurrezione e della rinascita spirituale. Per gli antichi, infatti, le anime risiedevano nel fagiolo (che ha la forma del feto) in attesa di rinascere all’eternità. Tutto ciò trasforma il fagiolo in simbolo di grazia, amicizia durevole, carità e gratitudine eterna. La Madonna della più grande gratitudine Voglio chiudere con un’immagine che non ha bisogno di molte spiegazioni, si tratta di un dipinto mariano dal nome curioso: la Madonna con il fiore del fagiolo (o altrimenti detta del fiore del pisello). Questa Vergine attribuita a un artista anonimo, noto come il Maestro di Santa Veronica, si presenta dolcissima mentre ostende il suo divin Figlio. Questi regge una corona del rosario e accarezza amorevolmente il viso della Madre. Dal canto suo la Vergine Madre porta sull’abito un medaglione con il monogramma di Cristo «JHS», esplicito rimando al sacramento della gratitudine per eccellenza che è l’Eucaristia. In una mano la Madonna porge a noi il fiore del pisello dolce (o per altri del fagiolo) proprio a significare che c’è una sola gratitudine che porta alla vita eterna, quella di amare quelli che non ci amano ed essere riconoscenti alla vita anche laddove ci saremmo aspettati cose diverse o migliori.

cs Società Femminile di Mutuo Soccorso

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