Le responsabilità diffuse degli enormi danni arrecati al Paese
Che figura, che vergogna per il nostro Paese! Come possiamo continuare a parlare di credibilità e affidabilità dopo fatti e comportamenti come quelli che sono emersi con la Relazione della Commissione Consiliare d’inchiesta su Banca CIS? Se da una parte sono venuti alla luce veri e propri disegni criminali e comportamenti truffaldini, come la decisione della Banca di dare a garanzia per ottenere finanziamenti titoli di proprietà di terzi o già impiegati come sottostanti in operazioni di Pronti Contro Termine a favore di clienti ignari, dall’altra, da chi aveva a qualsiasi livello la responsabilità e il dovere di controllare, indirizzare, intervenire, assumere decisioni, abbiamo assistito a incertezza, incompetenza, mancanza di rigore e determinazione o, in alcuni casi, addirittura a connivenza e complicità. Da questa vicenda, che sconvolge e indigna, al pari delle carte del processo Mazzini e degli analoghi procedimenti in corso, ne escono molto male, pur non essendo giusto generalizzare, non solo la dirigenza e la proprietà di Banca CIS ma anche Banca Centrale, il Tribunale, i Governi che si sono succeduti negli ultimi decenni e l’intera classe politica, di cui ho fatto parte, che come minimo si è dimostrata inadeguata ai propri compiti, incominciando dagli anni ’90 quando, venuto meno qualsiasi scrupolo morale ma anche qualsiasi visione del futuro, il numero delle banche è stato portato da 4 a 12, senza valutare, nella maggior parte dei casi, la serietà, la solidità e la competenza dei nuovi improvvisati banchieri ma dando vita ad una spartizione interessata, in cambio di tangenti, fra i partiti e gli uomini allora dominanti. Da allora e per lunghi anni, e purtroppo anche in tempi recenti, come dimostra il buon lavoro svolto dalla Commissione, abbiamo assistito al prevalere dell’interesse personale sull’interesse dell’intera comunità, che dovrebbe rappresentare la stella polare di chi si impegna in politica e nelle istituzioni pubbliche. Fra gli elementi emersi che ancora non conoscevo, mi ha particolarmente colpito la sottoscrizione nel 2008 di un patto politico, si fa per dire, fra Democrazia Cristiana, Arengo e Libertà e Europopolari per San Marino, all’insaputa di Alleanza Popolare nella quale all’epoca ero ancora impegnato, per neutralizzare, come ci racconta la Commissione, la vigilanza su Banca Partner, poi diventata Banca CIS, ma anche, immagino, su altre banche, visti i partecipanti alla festa successiva alle elezioni, attraverso in particolare l’allontanamento di un funzionario di Banca Centrale, Stefano Caringi, che conoscevo e apprezzavo. Ma ci rendiamo conto? Un accordo preelettorale fra forze politiche teso unicamente a far prevalere gli interessi non sempre legittimi, come abbiamo visto, di alcuni soggetti privati rispetto alle leggi e all’interesse generale. Credo che i sottoscrittori dovrebbero vergognarsi e nascondersi. Purtroppo quell’accordo ha avuto un seguito e ha provocato al nostro Paese enormi danni morali e materiali, di cui in parte sono stato diretto testimone quale Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio. Ebbene nel febbraio 2010 mentre il Governo era impegnato, in attuazione del patto, ad azzerare i vertici di Banca Centrale, il Presidente di Cassa di Risparmio Leone Sibani, come emerge anche dalla Relazione della Commissione d’inchiesta, di ritorno da Roma mi riferì con grande allarme un messaggio dei vertici di Banca d’Italia che facevano presente, in sintesi, come l’allontanamento del tutto ingiustificato dei dirigenti di Banca Centrale avrebbe compromesso i rapporti già difficili fra Italia e San Marino e avrebbe comportato l’interruzione dei tavoli negoziali aperti. Fra me e Sibani ci dividemmo i compiti e riferimmo prontamente il messaggio ricevuto ai membri di Governo più interessati, caldeggiando l’accoglimento della raccomandazione anche in virtù dei problemi aperti di Cassa di Risparmio. Nell’occasione io sensibilizzai anche i massimi responsabili della Democrazia Cristiana e di Alleanza Popolare che si dimostrarono preoccupati e disponibili. Purtroppo il Governo, all’epoca egemonizzato da Gabriele Gatti, non ci ascoltò e decise di tirare diritto. Le conseguenze non si sono fatte attendere, almeno per quanto riguarda la partita più rilevante in quel momento e vicina alla conclusione fra Italia e San Marino. Il 12 marzo 2010 Intesa San Paolo, con la quale stavamo trattando la cessione dei pricipali asset del Gruppo Delta, dopo che il 22 febbraio gli Advisor di Cassa avevano finalmente raggiunto un accordo con le cento banche creditrici del Gruppo, ha comunicato senza fornire motivazioni convincenti l’interruzione delle trattative. A quel punto i Commissari di Delta, nominati dal Ministero dell’Economia e delle Finanze italiano, dopo aver esautorato completamente Cassa di Risparmio, hanno presentato in accordo con Banca d’Italia un Piano molto penalizzante e teso non più alla cessione, come aveva imposto la stessa Banca d’Italia nel maggio 2009, ma alla liquidazione del Gruppo, piano che si è concluso solo tre anni dopo con enormi perdite per Cassa di Risparmio e l’intero Paese. Nel maggio 2013, quando terminò il commissariamento di Delta,, avevamo di fatto azzerato il patrimonio di Cassa che ammontava a circa 650 milioni di euro.
San Marino 3 novembre 2020
Tito Masi