Libera sulla crisi in Ucraina
Non è possibile svolgere un dibattito serio e adottare una decisione equilibrata sulla crisi Ucraina, se non si ricercano i motivi che hanno spinto l’una e l’altra parte ad inasprire le relazioni, a combattere una lunga guerra di posizione e ad evitare quel dialogo che avrebbe potuto evitare questa situazione.
Prima però di addentrarsi nel ragionamento è necessario condannare “senza se e senza ma” l’occupazione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo. Non c’è giustificazione per un’azione che viola il diritto internazionale, imponendo il ricorso alle armi di chi difende la propria terra e il proprio Stato.
Tutte le guerre sono da condannare, sempre e comunque innanzitutto per le gravi conseguenze che apportano alle popolazioni civili, poi perché rappresentano il limite più infimo della natura umana che pretende con la violenza di imporre le proprie ragioni.
Questa guerra, ai confini del continente europeo, ha tutte le caratteristiche per trasformarsi in un conflitto dalle ampie proporzioni. Già i primi sei giorni stanno dimostrando come si sia innescata un’escalation che difficilmente potrà essere fermata.
Se gli aiuti internazionali alle popolazioni che subiscono l’aggressione sono infatti più che doverosi, la decisione di fornire armi da parte di Paesi che non sono direttamente coinvolti nel conflitto, rappresentano un atto di guerra. Ciò sta avvenendo sia dalla Bielorussia, ma anche dagli Stati Uniti e l’Europa. Ovviamente su fronti contrapposti.
Le durissime sanzioni economiche che vengono predisposte in scala crescente dall’occidente nei confronti della Russia, hanno ricevuto una risposta spaventosa, quella del pre-allarme dei sistemi atomici di difesa.
L’isolamento progressivo in cui la comunità internazionale, tranne la Cina e l’India ed altri Paesi più piccoli, sta relegando la Russia interrompe di fatto quei legami che, pur in contrasto, sono utili affinché il dialogo non si esaurisca lasciando spazio invece agli altri modi di risolvere il conflitto e fra questi la violenza.
Le possibilità per affrontare e risolvere un conflitto sono tendenzialmente due: la prima è quella che finalmente le parti in causa capiscano le ragioni dell’altro e si rendano disponibili ad accettare un compromesso, la seconda è quella per cui una parte impone con la forza le proprie ragioni sull’altra.
Questa seconda ipotesi, valida forse fino alla prima parte del ‘900, non è più perseguibile quando nel conflitto siano coinvolti Stati che dispongono di un arsenale nucleare. Di certo non è perseguibile con la Russia, come non lo sarebbe con gli Stati Uniti o meglio con uno dei Paesi della Nato.
Ciò significa che l’unica strada possibile per risolvere il conflitto in Ucraina, conflitto che vede su fronti contrapposti la Russia e la Nato, è il negoziato.
La testimonianza della Repubblica di San Marino forte sul piano morale, debole fino a ieri su quello sostanziale, diventa invece forte anche sul piano sostanziale, perché rappresenta l’unica possibilità per uscire dalla grave crisi umanitaria.
Neutralità attiva, rifiuto della guerra e delle armi, contrarietà alle sanzioni che possono danneggiare la popolazione civile, azione affinché il livello di dialogo in tutte le sedi venga mantenuto ed esercitato, sono state le linee guida che hanno caratterizzato la politica estera della Repubblica di San Marino dal dopoguerra ed oggi queste linee possono rappresentare l’unica vera possibilità per addivenire ad una soluzione.
Se questa fosse la posizione, la Repubblica potrebbe frapporsi in maniera intelligente ed energica ad un’escalation provocata dall’occupazione dell’Ucraina da parte dell’esercito russo e dallo scambio di risposte delle parti in campo che aggravano il contrasto.
Per questo motivo San Marino non dovrebbe seguire quelle iniziative che non perseguono soluzioni capaci di risolvere le due grandi problematiche che sottendono il conflitto: il diritto del popolo ucraino alla propria autodeterminazione e il diritto della Russia alla sicurezza dei propri confini.
Eppure la posizione in politica estera del Governo sammarinese in questi ultimi mesi pare aver subito un cambiamento che ancora non trova sufficienti spiegazioni.
Dalla caduta del muro di Berlino l’espansione verso est dei Paesi aderenti al Patto Atlantico non poteva che alimentare i timori di una superpotenza ormai indebolita economicamente ed incapace per almeno un decennio di far sentire la propria voce. L’assenza di reazioni ha forse tratto in inganno gli Stati Uniti, ormai convinti di estendere la propria influenza senza trovare particolari resistenze. Nel frattempo la Russia stava rigenerando le proprie riserve sostenute dalla cessione delle fonti energetiche da cui continua a dipendere gran parte dell’Europa. Gli investimenti nelle tecnologie militari e il potenziamento nel settore missilistico hanno ricreato le condizioni affinché la Russia potesse riacquisire un ruolo egemone fra le nazioni.
Rappresenta quindi un grave errore ritenere che il rapporto con la Russia possa avere le stesse caratteristiche dell’epoca in cui la Nato ha ampliato la propria sfera d’azione in tutta l’Europa dell’est e soprattutto nelle repubbliche baltiche.
Il territorio dell’Ucraina delimita confini strategici di accesso al mare, alle risorse primarie e al trasporto del gas naturale verso l’Europa centrale, cosa quest’ultima che determina una fonte primaria di approvvigionamento di risorse valutarie.
Ma soprattutto una vasta porzione dell’Ucraina penetra nel territorio russo generando un’insidiosa testa di ponte e occupando aree in cui la popolazione è in grande maggioranza di origine russa. Il Donbass e la Crimea sono ovviamente regioni strategiche in ottica militare, ma anche economica e culturale.
La guerra del Donbass iniziata nel 2014 ha vissuto i momenti di massima ferocia nel momento in cui corpi speciali di estrema destra hanno avviato una campagna militare che ha comportato 14.000 morti, contro gli abitanti di Donetsk e Lugansk che si erano ribellati al governo centrale di Kiev autoproclamandosi regioni autonome. Innegabile è stato il supporto logistico e militare della Russia per affermare l’autonomia di tale regione. Un conflitto che aveva trovato soluzione con gli accordi di Minsk tesi a generare un equilibrio seppur difficile nella regione.
Di motivi per rimanere fermi sulle proprie posizioni ce ne sono molti e i negoziati appena cominciati in territorio bielorusso, non fanno presagire un rapido risultato.
La continuazione delle azioni di guerra non agevolano la trattativa, anche perché le parti sanno che il loro esito dipende dalla posizione di forza che avranno acquisito sul terreno nel momento x. Il rischio però è quello per cui le sanzioni e ancor peggio, la fornitura di armi alla resistenza ucraina, possano portare ad un allargamento del conflitto verso quei sistemi che vengono ritenuti responsabili del potenziamento degli armamenti militari offensivi, consegnati al nemico.
Del resto le sanzioni e le armi hanno una finalità chiara, tesa ad annientare il nemico. Non prevedere che ciò potrà generare una reazione sarebbe illogico e se la reazione venisse praticata, l’estensione del conflitto direttamente alle forze Nato sarebbe immediata, così come la rapida escalation verso l’uso delle armi di distruzione di massa.
La Repubblica di San Marino può in questo contesto indicare una strada diversa, ma per farlo non deve e non può per sua natura schierarsi con chi alimenta il conflitto piuttosto che ricercare una soluzione dignitosa per le parti.
San Marino non ha mai appoggiato politiche di embargo, non ha mai parteggiato per una parte in causa, ma sempre svolto il delicato e difficile compito di individuare le ragioni delle parti scegliendo la via del dialogo e della pace.
Nel contempo la Repubblica deve poter offrire il proprio sostegno fattivo a favore delle popolazioni che stanno subendo le conseguenze di questa guerra, aderendo ai corridoi umanitari a favore dei profughi e finanziando concretamente l’acquisto di beni di prima necessità da distribuire sia ai profughi che a coloro che ancora risiedono dentro il territorio ucraino.
L’intervento dello Stato che deve essere proporzionalmente in linea con quello di altri Paesi, si affiancherebbe ai gesti di solidarietà dei cittadini sammarinesi.
Infine San Marino dovrebbe sostenere la necessità che il dialogo fra Russia e Ucraina possa continuare anche negli organismi internazionali in cui i due Sati partecipano, evitando ogni posizione che porti all’isolamento della Russia, anche se la condanna dell’azione militare che sta conducendo deve essere ferma e precisa.
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Comunicato stampa
Libera