L’European Recovery Program, normalmente conosciuto come Piano Marshall, fu il principale piano statunitense di aiuti politico-economici dopo la Seconda guerra mondiale ideato per favorire la ricostruzione e il rilancio dei Paesi europei usciti devastati fisicamente ed economicamente dal conflitto. Il piano, che venne avviato nella primavera del 1948 e che terminò la propria attività nel 1951, consisteva principalmente in uno stanziamento di 14 miliardi di dollari (1,2 solo per l’Italia) senza il quale i Paesi europei avrebbero probabilmente vissuto un grave deterioramento delle proprie condizioni politiche, economiche e sociali. Paragonare gli effetti dell’emergenza Covid19 ai disastri immani causati dalle guerre è improponibile, è però evidente che anche oggi l’Europa si trovi in una situazione di drammatica difficoltà sociale ed economica. E proprio per questo le Istituzioni europee, pur con i loro tempi e le loro contraddizioni, si sono finalmente attivate. Prima con gli acquisti straordinari di titoli di stato da parte della BCE (240 mld per quelli italiani), poi con l’accordo raggiunto dall’Eurogruppo che prevede prestiti dal “famigerato” MES (36 mld per l’Italia) con l’unica condizione che vengano spesi per lo sviluppo e il rilancio economico, infine con l’avvio di un programma di investimenti europei finanziati anche con i Recovery Bonds garantiti dal bilancio dell’Unione Europea. Tutte queste iniziative hanno come finalità l’immediata immissione di liquidità, anche a fondo perduto, nel sistema economico da parte dei singoli Stati con la consapevolezza che interi settori dell’economia europea collasserebbero senza supporti tempestivi e ingenti. Anche la Repubblica di San Marino è stata colpita duramente dall’emergenza Corona Virus, sia dal punto di vista sanitario che da quello sociale ed economico. È evidente a tutti che le nostre imprese soffrono delle stesse drammatiche problematiche di quelle degli altri Stati europei. Purtroppo, il nostro Paese presenta ormai da anni un bilancio economico in forte sofferenza, una situazione finanziaria pesante (sono finiti i soldi) con l’aggravante di non poter accedere a nessuna delle iniziative economico-finanziarie dell’Unione europea sopra descritte. Non potendo disporre di fondi propri, ma presentando un tessuto economico con le stesse drammatiche difficoltà di quello degli altri Stati colpiti, l’unica soluzione per supportare le nostre imprese è quello di accedere immediatamente a importanti finanziamenti esteri. Rimane solo da capire e decidere come e dove trovarli. I referenti per un’operazione così importante sono sostanzialmente di 3 tipologie: gli organismi internazionali (FMI e World Bank), gli accordi bilaterali con gli Stati Sovrani (primo fra tutti l’Italia) e il mercato dei capitali (le grandi banche di affari che potrebbero anche affiancarci nell’emissione di nostri Bond). Tutte queste soluzioni presentano dei pro e dei contro e vanno vagliate attentamente. Ma è evidente che la principale sfida che il governo si trova difronte in questo momento è quella di individuare un partner internazionale disposto a credere e ad investire sul nostro Paese a fronte di precisi impegni che dovremo essere capaci di rispettare. Per farlo dobbiamo tornare ad essere uno Stato credibile e capace di fare e portare a conclusione scelte riformiste. Il compito dell’opposizione, invece, deve essere quello di sostenere il governo in questa attività vigilando attentamente sull’ammontare del debito ma, soprattutto, sulla destinazione dei fondi che dovranno essere spesi in investimenti e supporto al settore privato e non per coprire la spesa corrente. Se non saremo tutti quanti capaci, ovviamente ognuno nel rispetto del proprio ruolo attuale, di perseguire questo risultato non sarà possibile rispondere alle legittime aspettative di imprenditori, commercianti, artigiani ma anche di tutti i lavoratori occupati e disoccupati e ci troveremo tra pochi mesi in una situazione di difficoltà economica e sociale davvero inimmaginabile.
Luca Boschi