Morganti (Libera): Terzo pilastro in vendita
La presenza di una scuola e di una sanità di qualità hanno costituito l’ossatura portante della società sammarinese. Spesso però dimentichiamo che accanto a queste due colonne del ‘welfare state’, da più di cento anni ne è esistita una terza, generata anch’essa dall’intelligenza e dallo sguardo sul futuro dei sammarinesi degli inizi del secolo scorso. Si tratta del sistema bancario mutualistico costituito dalla Cassa di Risparmio (1882) e, successivamente, dalla Banca di San Marino, un tempo Cassa Rurale di Faetano (1920). Sebbene operanti nel settore economico, queste due realtà non hanno agito per il profitto da distribuire a soci e manager, ma i loro statuti hanno finalizzato i guadagni a politiche di patrimonializzazione propria e di sostegno sociale. Il loro obiettivo è stato quello di favorire la partecipazione delle persone alla vita economica, mettendole nelle condizioni di essere attori del proprio destino. Ciò ha favorito lo sviluppo del Paese basato sulla piccola imprenditoria che ha potuto cogliere le opportunità manifestatesi nel tempo. In un sistema economico sano è indispensabile la presenza di istituti di credito che non abbiano fini di lucro e si pongano finalità solidali e mutualistiche. La cessione che si sta tentando di fare sia di Cassa di Risparmio che di una quota consistente di Banca di San Marino rappresenta pertanto una sconfitta per San Marino, conseguente all’improvvida scelta di mettersi nelle mani della grande finanza internazionale con un debito estero che non si è più in grado di ripagare. Il debito estero strozza la capacità di spesa dello Stato (22 milioni di euro all’anno solo di interessi), che è quindi costretto a investire sempre meno nelle colonne portanti del nostro ‘welfare’ (scuola e sanità). La vendita delle banche storiche metterà invece in difficoltà le imprese e le famiglie che si ritroveranno, sempre più, a fare i conti con logiche di collocamento del risparmio e di concessione del credito dettate dal maggior profitto. Occorrerebbe invece fare l’esatto contrario e cioè riportare le due banche a svolgere la propria azione sociale in una dimensione di comunità, dove la funzione principale della banca sia quella di sostenere con il credito la domanda aggregata (consumi, investimenti, spesa pubblica), che espandendosi genera prodotto interno lordo e quindi solidità di sistema fra cui la capacità dei debitori di far fronte ai propri impegni. La morfologia della struttura produttiva sammarinese richiede una presenza bancaria plurale che affianchi le banche private (BSI e BAC), garantendo una biodiversità di modello e di missione e ciò sarà ancor più necessario per sostenere il passaggio verso l’apertura del mercato europeo e per coglierne le grandi opportunità. Vendere Cassa di Risparmio e una quota di Banca di San Marino significa rinunciare alle prerogative di autonomia e indipendenza che lo Stato deve invece difendere e rafforzare, ed è certamente poco lungimirante poiché fa perdere l’opportunità dell’allargamento del mercato sia per quanto riguarda la clientela, ma anche per acquisire nuovi possibili partner istituzionali.
Cs - Giuseppe M. Morganti - Libera
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