"Non è costume di RETE gridare al lupo al lupo”

"Non è costume di RETE gridare al lupo al lupo”.

Proteggere il sistema economico da possibili infiltrazioni malavitose e dalle distorsioni, in altre parole creare i giusti anticorpi, è un dovere primario della politica. Non è costume di RETE gridare “al lupo al lupo” ma è suo dovere irrinunciabile cogliere gli allarmi che sono venuti dalla Commissione Antimafia e dall’AIF (Agenzia di Informazione Finanziaria), su alcuni settori fortemente a rischio, che presentano evidenti anomalie. Altro problema è quello riguardante coloro che, approfittando di alcune maglie troppo larghe del sistema, avviano un’attività che provvederanno a chiudere dopo pochi mesi lasciando buchi milionari nella monofase. Tutto ciò è noto alla politica, e non solo, ma si vuole tenere sempre la massima riservatezza su ogni deformazione del sistema: i panni sporchi si lavano in casa per non creare un danno d’immagine, specialmente dopo il lungo lavoro di riforme e di aggiornamento. Ma è anche vero che la storia recente ci insegna quali e quanti guasti si sono fatti quando tutti chiudevano gli occhi. Vorremmo dunque fare tesoro di un sano buon senso, lasciando tutti gli strumenti necessari allo sviluppo dell’imprenditoria, come può essere la semplificazione delle procedure, ma senza abbassare la guardia sui controlli. In questo senso va il “Tavolo congiunto per la vigilanza e il controllo delle attività economiche” presieduto dall’AIF e composto dai tre Corpi di Polizia, dall’Ufficio Attività Economiche, dall’Ufficio Attività di Controllo, dall’Ufficio Tributario e da un rappresentante di BCSM, creato con apposita delibera di Congresso dell’8 maggio scorso. E in questo senso va il Decreto sul “Fabbisogno della Polizia Civile" (n. 49 del 21 marzo) che istituisce un’apposita sezione di tipo amministrativo deputata ai controlli. Questo, ben lungi dall’intenzione di voler instaurare uno “stato di polizia”, ma con la precisa volontà di avere le professionalità e gli strumenti in grado di cogliere i possibili campanelli di allarme. Altro problema è “il soggetto inidoneo”. Se un imprenditore ha già chiuso una società con un debito milionario e poi dopo un mese ne apre un’altra perché la legge glielo permette, vuol dire che va bene? Anzi, gli spianiamo la strada? Oppure, se il soggetto è rinviato a giudizio in Italia per frode o altri reati economici e poi viene a investire a San Marino in un settore a rischio, gliene diamo il permesso? Su questi temi si è incentrata la battaglia di RETE in tutte le sedi istituzionali, ben conscia che prevenire è meglio che curare. Purtroppo c’è ancora chi non vuol sentire e non vuol vedere, come è successo in Consiglio durante la ratifica del decreto 67, quello appunto sulla semplificazione delle procedure per l’avvio di attività economiche. Dovrebbe essere dovere di tutti, specialmente della politica, fare in modo che questi fenomeni vengano arginati soprattutto attuando quegli interventi utili a prevenire le distorsioni e favorire l'imprenditoria sana.

Cs - Movimento Rete

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