Part-time, CSdL: "In alcuni settori riguarda quasi una donna su due"
Necessari più controlli per stanare i rapporti di lavoro a tempo parziale fasulli; le donne sono penalizzate sia in termini retributivi che per i minori versamenti contributivi. Nel settore privato, le donne sono anche più precarie, rispetto agli uomini
Nell’ambito dello studio CSdL sulla situazione occupazionale, un ulteriore elemento da sottolineare riguarda i rapporti di lavoro part-time. Al 31 dicembre 2023, su 18.189 lavoratori dipendenti si sono registrate 2.809 posizioni di lavoro a tempo parziale, pari al 15,4% degli occupati: una percentuale significativa. I contratti part-time riguardano 2.178 donne, ovvero il 77,5% del totale. Se nel manifatturiero solo il 5,5% dei dipendenti ha un orario di lavoro ridotto, in altri settori si arriva a superare il 30%. Distinguendo tra uomini e donne, si evince che nel settore manifatturiero “solo” il 17% delle lavoratrici ha un contratto part-time, mentre in altri comparti superano addirittura il 40%. È improbabile che una donna su due abbia scelto un orario ridotto; verosimilmente, non hanno avuto alternative. Anche i part-time fasulli sono subìti; lavorare una parte, a volte anche consistente, di ore in nero è penalizzante sia in termini salariali, ma anche previdenziali. Le donne sono quindi costrette ad andare in pensione più tardi degli uomini, anche per poter ricevere un assegno almeno decente. Peraltro, questo problema non riguarda solo le dirette interessate, ma tutta la collettività, per i minori contributi versati nei rispettivi fondi e per le minori imposte pagate per finanziare lo stato sociale. È necessario che vengano effettuati controlli capillari ed incisivi da parte degli organi ispettivi preposti, per verificare la corrispondenza tra le ore effettivamente lavorate e quelle “ufficiali”, mettendo fine ad ogni abuso e irregolarità. Inoltre, il lavoro part-time spesso viene svolto con orari discontinui. Ad esempio, nel settore delle pulizie succede di frequente che un contratto di 4 ore giornaliere impegni di fatto la lavoratrice per quasi tutta la giornata, in quanto distribuite in parte al mattino presto ed in parte al pomeriggio o alla sera, con un evidente disagio. Sarebbe doveroso riconoscere, anche a fronte di una simile flessibilità, retribuzioni di gran lunga maggiori di quelle esistenti, ma il contratto dei servizi è invece uno dei poveri. Essendo un settore molto frammentato, la contrattazione sconta una evidente difficoltà di coinvolgimento dei lavoratori a sostegno delle rivendicazioni sindacali. Serve un ruolo attivo della politica a sostegno di queste lavoratrici, sia in termini di pressione sulle Associazioni di Categoria, che sul piano legislativo. Le donne sono penalizzate anche sul piano della stabilità dei rapporti di lavoro. Infatti, se i contratti a tempo determinato nel loro complesso riguardano circa il 18% degli occupati, il dato distinto tra i generi sconta un gap di oltre il 6%. Peraltro, un tasso medio di contratti precari pari al 18% pone in evidenza - statisticamente - che vi sono aziende che arrivano al limite del 25% della forza lavoro, previsto dalla legge e dai contratti. È evidente che l'utilizzo del tempo determinato non è sempre dovuto a reali esigenze temporanee o picchi di lavoro, anche se va riconosciuto che assistiamo da anni a cicli economici piuttosto instabili, fatti da repentini balzi in avanti e all’indietro. È ancora presto per analizzare gli effetti del recente accordo con il quale è stata allungata a 24 mesi la durata massima dei contratti a termine. Per il momento, possiamo dire che il dato è pressoché costante negli anni presi in esame (2017-2023). Rispetto ad un mercato del lavoro del settore privato che in tutta evidenza favorisce il genere maschile, il fatto che il settore pubblico allargato occupi prevalentemente donne costituisce una sorta di riequilibrio. Il dato relativo ai part-time non è disponibile, ma ci risulta che siano pochi, ed anche i contratti di lavoro a tempo determinato sono molti di meno, grazie anche ai recenti accordi di stabilizzazione. Non è invece noto il dato delle retribuzioni medie del settore privato distinto per genere e per ore lavorate. Siamo sicuri che troveremmo le donne penalizzate anche su questo versante.
c.s. CSdL
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