Pasquale Valentini: la battaglia che mi piacerebbe condividere
In un comunicato del 25 gennaio u.s. intitolato “una battaglia di civiltà”, Libera, facendo eco ad un recente appello dell’UDS, sollecita la conclusione dell’iter consiliare del Progetto di Legge di iniziativa popolare che propone la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza. Il tema e le argomentazioni addotte, a mio avviso, meritano un approfondimento perché ritengo che la prima preoccupazione che dovrebbe accomunare chi ha la responsabilità di legiferare su queste materie, in particolare, debba essere quella della chiarezza e della coerenza degli obiettivi a cui le norme devono rispondere. Cosa deve produrre questa legge? Deve sancire come diritto la possibilità per la donna di interrompere una gravidanza non desiderata. Cosa significa interrompere la gravidanza? Significa provocare attraverso un trattamento medico/farmacologico l’interruzione della crescita dell’essere umano che la donna si porta in grembo. Si può definire “diritto da tutelare” una tale facoltà? E questa facoltà può essere lasciata esclusivamente alla donna, ignorando che c’è un padre e che il concepimento è il frutto di una relazione? C’è nel nostro ordinamento un altro caso in cui un essere umano, assolutamente indifeso ed innocuo, possa essere eliminato con la legittimazione della legge? E il diritto alla vita dell’essere umano che viene soppresso da quale legge viene sostenuto? L’introduzione nell’ordinamento di una logica di questo tipo può essere definita “conquista di civiltà”? Ma quale civiltà è quella che rende lecito il fatto che una madre possa eliminare il figlio che ha concepito? Ci può essere una ragione, per quanto grave, che possa giustificare questo? Sono domande che non riesco a soffocare e credo che lasciarle emergere sia il primo modo di partecipare al dramma di chi si sia trovato o possa trovarsi in una situazione in cui la scelta dell’interruzione della gravidanza possa apparire senza alternativa. Porsele e cercare, anche nel confronto con chi avverte in modo diverso il problema, non mi sembra perdere tempo, così come ritengo e spero che l’approfondimento che è stato richiesto al Comitato di Bioetica possa servire a fare in modo che anche per la politica queste decisioni avvengano con ragione e con un sincero desiderio di servire la verità. Sono consapevole della complessità di questa scelta e delle difficoltà che il contesto presenta per un affronto che possa essere rispettoso di tutti i soggetti e i fattori coinvolti e per la ricerca di soluzioni che non siano né ipocrite, né moralistiche; proprio per questo non vedo risolutivo un percorso che semplicisticamente scarichi sull’introduzione di una norma l’affronto di una problematica che richiede invece coinvolgimento, possibilità di vicinanza e di aiuti concreti per attraversare circostanze drammatiche senza eliminare nessuno e senza creare ferite che difficilmente poi potrebbero essere sanabili. NON POTREBBE ESSERE QUESTA LA BATTAGLIA DI CIVILTA’ DA COMBATTERE INSIEME?
Pasquale Valentini