Poste Spa: fare un passo indietro significherebbe dimostrare intelligenza
Riteniamo tutta questa operazione insensata, in primo luogo perché implementare servizi finanziari in un mercato saturo di questa offerta ma scarso di liquidità, è del tutto fuori lugo. Inoltre, non reggono le rassicurazioni secondo cui tutte le azioni sono in possesso dello Stato; questa situazione è facilmente superabile con un aumento di capitale e con la conseguente emissione di nuovi titoli, che sarebbero indirizzati a soggetti privati.
Circa la gestione del personale, si è in presenza di addetti che hanno preso servizio con le regole del pubblico impiego, e ciò ha peraltro determinato, per questi lavoratori, una decurtazione del 20% della retribuzione il primo anno, e del 15% nel secondo anno di attività. Per tali ragioni le Federazioni del Pubblico Impiego hanno chiesto da tempo un incontro al Governo per trovare un accordo su un eventuale periodo transitorio.
Oltre a queste considerazioni e forti perplessità, se ne aggiunge un’altra che nasce dal fatto che Poste Spa Italia è sempre stata additata come un modello da seguire, in mezzo ad una miriade di fallimenti di processi di privatizzazione di servizi pubblici con la forma di partecipate e/o municipalizzate.
Oggi ci chiediamo, appunto, se questo è proprio un modello, visto che l’Amministratore Delegato di Poste Italia, tale Francesco Caio, propone un piano di ristrutturazione che prevede notevoli aumenti di costo per gli utenti, a fronte di una forte riduzione del servizio. Ad esempio, la posta prioritaria passa dagli attuali 0.80 centesimi a 3 euro, con una garanzia di consegna nel giorno successivo che passa dall’attuale 86% all’80% (fonte: Il Sole 24 Ore). Su queste ed altre proposte si esprimerà l’Autorithy per le comunicazioni italiana proprio nella giornata di domani (mercoledì 25 marzo).
A detta di Poste Italia, se queste ed altre proposte non fossero approvate entro il 2019, il gruppo Poste andrebbe in rosso, e questo anche per la diminuzione del contributo pubblico sul servizio universale, che è stato notevolmente ridotto da questo anno. Ecco allora che Poste Italia, oggi, non ci sembra proprio un modello a cui ispirarsi...
Del resto se l’intenzione è di scimmiottare quella realtà aumentando i prezzi dei servizi, allora non è necessario istituire una Spa! Certo che le Società per azioni sono gestite da CdA che hanno dei componenti, che percepiscono gettoni ed indennità. Non vogliamo certo pensare che una partita di così grande importanza si esaurisca tutta nella assegnazione di qualche poltroncina... Sicuramente vi sono obiettivi più alti, ma a tutt'oggi non ci è dato capire.
Alessio Muccioli - Segretario FUPI/CSdL (Pubblico Impiego)