Sui social network sono stata invitata a rendere conto a chi mi ha eletto della mia contrarietà al referendum sull’area polo del lusso. Io non faccio il rappresentante sindacale quindi rispondo non ai miei elettori ma a tutti i cittadini di questo paese, quelli già nati e quelli ancora da nascere. Sulla questione polo del lusso non ho dubbi che la mia posizione sia impopolare perché ormai a tutto bisogna dire di no, e sapete perché? Perché quando hai detto no dopo puoi andare a farti un giro, al cinema, a pescare, tanto non hai più nulla da fare. Dire di si invece è più impegnativo, il lavoro vero comincia dopo per incassare l’interesse pubblico in gioco, controllando che non ci siano sgarri, che gli impegni vengano rispettati, collaborando per far funzionare il progetto, per rimuovere gli intralci, tutto nel più assoluto rispetto della legge. E questo vale per tutti, maggioranza e opposizione. Invece la maggioranza fa le scelte – male - e poi le lascia lì, non le cura, non le sostiene, non le tutela, non prova nemmeno a migliorarle così magari si potrebbero digerire meglio. Ma l’opposizione dal canto suo non può solo esercitare il suo potere di interdizione senza porsi il dovere di cogliere opportunità come queste in una stagnazione senza precedenti.
Quando il polo del lusso è passato in Consiglio, nonostante il mio disciplinato voto contrario, mi sono detta ‘vediamo ora cosa succede’ e invece quello che mi è successo è stato inatteso e sorprendente: ho cominciato a sperare. Che il giorno dopo si sarebbe aperto un grande cantiere, con gli artigiani sammarinesi al lavoro, con le riassunzioni dei dipendenti mandati via nei tempi duri con la morte nel cuore, e magari tante nuove assunzioni di giovani professionisti a dirigere i lavori, a disegnare piante e esecutivi, a fare appalti, a correre per le pratiche edilizie, a cercare fornitori. E tutti quei nuovi redditi a cambiare finalmente la lavatrice, a pagare il dentista, a pagare gli studi ai figli, a rinnovare il guardaroba, a comprarsi qualcosa di nuovo, la macchina o il rasoio elettrico. E dopo due, tre anni, come promesso nella convenzione, l’assunzione del personale addetto alle vendite, agli acquisti, al magazzino, alla logistica, alle manutenzioni, alle pulizie, alla promozione, alla sicurezza e a tutto il resto, e poi, dopo l’inaugurazione, un sacco di gente a fare acquisti e la monofase che comincia a entrare nelle casse dello stato.
Concordo in pieno con “la convenzione si poteva negoziare meglio”, “si poteva risparmiare territorio con un’intelligente operazione di recupero degli immobili industriali inutilizzati”, “si dovevano tenere fuori i soliti potentati professionali”, “si doveva impedire la speculazione sull’area”, “non sarà lusso, ma un normalissimo outlet”, “si dovevano garantire meglio le assunzioni di sammarinesi”: questi sono gli argomenti sui quali abbiamo incentrato il nostro no. Resta il fatto che il gruppo Borletti investe più di cento milioni in questa impresa, pensiamo davvero che non abbia le idee chiare su come farla funzionare?
Ora il referendum per tutelare l’area potrebbe spingere gli investitori a ritirarsi e andare in un posto più accogliente e meno problematico. Così addio speranze. Ma porca miseria ci siamo fatti derubare il territorio per vent’anni con convenzioni capestro senza un briciolo di interesse pubblico ma solo bieca speculazione privata, senza mai – come in questo caso – compensare il verde perduto con la trasformazione in area naturalistica di altrettanto territorio già destinato ad altri usi in una zona che a me sembra molto più bella, e ora che abbiamo 1500 disoccupati e c’è in ballo il LAVORO per più di CENTO di loro, ci mettiamo a fare la difesa a oltranza del piccolo parco che non c’è e, probabilmente, mai ci sarebbe stato e mai ci sarà finché non avremo i soldi sufficienti per permetterci il lusso di realizzarlo, e allora sì che si tratterà di vero e proprio lusso, visto che fino ad oggi nessuno lo aveva giudicato necessario.
Noi pensiamo a quei disoccupati che stanno riponendo le loro speranze sul polo del lusso, pensiamo alla loro dignità, alle loro famiglie, e se Sinistra Unita perde voti per dargli una mano mi sembra un prezzo giusto da pagare, d’altra parte le conquiste si pagano, non rendono.
Francesca Michelotti
Quando il polo del lusso è passato in Consiglio, nonostante il mio disciplinato voto contrario, mi sono detta ‘vediamo ora cosa succede’ e invece quello che mi è successo è stato inatteso e sorprendente: ho cominciato a sperare. Che il giorno dopo si sarebbe aperto un grande cantiere, con gli artigiani sammarinesi al lavoro, con le riassunzioni dei dipendenti mandati via nei tempi duri con la morte nel cuore, e magari tante nuove assunzioni di giovani professionisti a dirigere i lavori, a disegnare piante e esecutivi, a fare appalti, a correre per le pratiche edilizie, a cercare fornitori. E tutti quei nuovi redditi a cambiare finalmente la lavatrice, a pagare il dentista, a pagare gli studi ai figli, a rinnovare il guardaroba, a comprarsi qualcosa di nuovo, la macchina o il rasoio elettrico. E dopo due, tre anni, come promesso nella convenzione, l’assunzione del personale addetto alle vendite, agli acquisti, al magazzino, alla logistica, alle manutenzioni, alle pulizie, alla promozione, alla sicurezza e a tutto il resto, e poi, dopo l’inaugurazione, un sacco di gente a fare acquisti e la monofase che comincia a entrare nelle casse dello stato.
Concordo in pieno con “la convenzione si poteva negoziare meglio”, “si poteva risparmiare territorio con un’intelligente operazione di recupero degli immobili industriali inutilizzati”, “si dovevano tenere fuori i soliti potentati professionali”, “si doveva impedire la speculazione sull’area”, “non sarà lusso, ma un normalissimo outlet”, “si dovevano garantire meglio le assunzioni di sammarinesi”: questi sono gli argomenti sui quali abbiamo incentrato il nostro no. Resta il fatto che il gruppo Borletti investe più di cento milioni in questa impresa, pensiamo davvero che non abbia le idee chiare su come farla funzionare?
Ora il referendum per tutelare l’area potrebbe spingere gli investitori a ritirarsi e andare in un posto più accogliente e meno problematico. Così addio speranze. Ma porca miseria ci siamo fatti derubare il territorio per vent’anni con convenzioni capestro senza un briciolo di interesse pubblico ma solo bieca speculazione privata, senza mai – come in questo caso – compensare il verde perduto con la trasformazione in area naturalistica di altrettanto territorio già destinato ad altri usi in una zona che a me sembra molto più bella, e ora che abbiamo 1500 disoccupati e c’è in ballo il LAVORO per più di CENTO di loro, ci mettiamo a fare la difesa a oltranza del piccolo parco che non c’è e, probabilmente, mai ci sarebbe stato e mai ci sarà finché non avremo i soldi sufficienti per permetterci il lusso di realizzarlo, e allora sì che si tratterà di vero e proprio lusso, visto che fino ad oggi nessuno lo aveva giudicato necessario.
Noi pensiamo a quei disoccupati che stanno riponendo le loro speranze sul polo del lusso, pensiamo alla loro dignità, alle loro famiglie, e se Sinistra Unita perde voti per dargli una mano mi sembra un prezzo giusto da pagare, d’altra parte le conquiste si pagano, non rendono.
Francesca Michelotti
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