Se dovessimo tracciare un bilancio di questi primi 6 mesi di legislatura, non avremmo dubbi nel sottolineare che questo Governo si è finora caratterizzato per la volontà di intervenire a gamba tesa, velocemente e con la forza dei suoi numeri, su tutti gli ambiti in cui i propri rappresentanti sono “a rischio”, in particolare in ambito giudiziario. Così è stato, fin dall’inizio, sul principale organo di garanzia dello Stato, il Collegio Garante, nominato per la prima volta nella storia dalla sola maggioranza, forse perché qualcuno temeva qualche azione di sindacato e doveva proteggersi contro ogni evenienza. Così era stato, prima ancora (quando questa maggioranza governava di fatto il paese pur essendo formalmente ancora all’opposizione), quando avevano deciso di non far entrare in ruolo i due giudici d’appello che avevano legittimamente vinto un concorso, magari per far sì che un eccessivo carico di lavoro sui pochi giudici d’appello rimasti mettesse a rischio la celebrazione del processo “Conto Mazzini”, con quello che comporta per uomini forti dell’attuale maggioranza. Così è stato, poi, con gli interventi a gamba tesa sul Consiglio Giudiziario, che ha tolto da quell’organo non solo il giudice titolare proprio del Conto Mazzini ma anche tutta una serie di giudici di grado superiore non graditi alla maggioranza. Il tutto con l’evidente scopo di riportare le lancette del Tribunale indietro nel tempo, a quando alcuni partiti dell’attuale maggioranza potevano di fatto decidere come fare andare i processi. Ma quello che è successo ieri probabilmente le batte tutte. Se fino a ieri, infatti, questi comportamenti e queste azioni si provava a giustificarle con nobili motivazioni (anche se del tutto inconsistenti), ieri la maschera è stata gettata ed è stato reso palese che, pur di non dover affrontare la giustizia, questo Governo è pronto ad usare ogni mezzo. Nominare in tutta fretta un nuovo Consiglio di Amministrazione di Cassa di Risparmio e fargli decidere, come prima azione e senza ovviamente aver avuto tempo di analizzare alcuna carta processuale, che bisognava ritirare la querela a carico di Roberto Ciavatta (Segretario di Stato in quota Rete) ed Emanuele Santi (Segretario politico di Rete) è la chiara dimostrazione che si è tornati agli anni bui del passato, quando il potere veniva usato come salvacondotto per ogni nefandezza, essendo sicuri di non poter essere perseguiti dalla legge. Sia ben chiaro: Ciavatta e Santi non sono colpevoli fino a sentenza, noi siamo garantisti. Ma alla sentenza bisogna arrivarci; bisogna che la giustizia faccia il suo corso e possa decidere se i due sono innocenti o colpevoli, soprattutto quando si parla di reati come la diffamazione, la violenza privata, le minacce e le intimidazioni. Utilizzare il potere politico per nominare un Cda amico che, come primo atto, fa sì che i due soggetti di fatto non possano essere giudicati per tali reati è una cosa indegna che in uno Stato di diritto non dovrebbe succedere. Nessun altro cittadino di questo Paese ha questa possibilità: di sottrarsi alla giustizia usando il potere. Una disparità di trattamento inaccettabile. Un Governo che non ha ancora fatto nulla, che non ha minimamente affrontato la crisi economica portata dal Covid, che sta per indebitarci per 500 milioni di euro (cosa che comporterà un impegno per lo Stato di almeno 75 milioni all’anno solo per ripagare i debiti) e che sa solo pensare a creare monete farlocche per risolvere i problemi, risulta invece attivissimo quando si tratta di evitare ai propri rappresentanti di affrontare la giustizia. Noi saremo sempre in prima fila a combattere e denunciare queste azioni indegne dell’uguaglianza fra i cittadini e dello Stato di diritto.
Comunicato stampa
Repubblica Futura