Rete risponde alle Finanze sulla "Voluntary Disclosure"
Si tratta di una questione che abbiamo sollevato qualche settimana fa sulla stampa: come si intende dare attuazione alla voluntary disclosure alla luce della necessità di sottoscrivere al più presto il memorandum d’intesa con banca d’Italia.
Si tratta di un problema sollevato anche dall’amico Beppe Scienza il 20 maggio su “Il fatto quotidiano”, che intendiamo riassumere qui per informare i sammarinesi dei grandi rischi che stiamo correndo.
La voluntary disclosure prevede che chi ha portato soldi all’estero non avendoli dichiarati al fisco di provenienza (nel nostro caso soprattutto italiano), li possa far rientrare pagando imposte per il 50%.
Si tratta di gente che ha evaso il fisco, oppure ha ottenuto capitali da operazioni illecite, che ha i soldi a San Marino e non li ha fatti rientrare in Italia con i due precedenti scudi fiscali… insomma, si tratta dei fondi potenzialmente più “sporchi”.
Poniamo che Tizio abbia portato a San Marino 50 milioni di euro frutto di evasione. Può farli rientrare in Italia pagando 25 milioni, ma come ben scrive Beppe Scienza non vi è alcuna certezza che i rimanenti 25 milioni non vengano confiscati per reati connessi al riciclaggio.
Dunque Tizio potrebbe far rientrare i suoi soldi in Italia perdendone una metà subito e rischiando di perderli tutti e finire dentro un processo. Ovvio che Tizio cercherà di fare ogni cosa (lecita o illecita, dato che si tratta di persone che di illeciti ne hanno già fatti) per tenere i suoi soldi dove sono, cioè da noi a San Marino. Come fare?
Ad es. se anche Tizio dovesse pagare 20 milioni di tangenti, ne risparmierebbe pur sempre 5 milioni, e non incapperebbe in procedimenti penali. Si dà però il caso che entro il 2017 ci sarà lo scambio automatico delle informazioni finanziarie, dunque Tizio non solo deve mantenere a San Marino i suoi soldi, ma anche farli scomparire dalle banche! Come fare?
Semplice, acquistando beni immobili o quote societarie. Ma qui c’è un altro problema: rischiamo di trasformare evasori o criminali in autorevoli interlocutori economici, a capo di aziende decotte o proprietari di beni immobili ingenti (cosa che aiuterebbe anche le banche che quei beni immobili non sanno più dove ficcarli!), cosa ancor più rischiosa finché il governo continuerà a non rendere palesi i reali beneficiari persone fisiche delle società sammarinesi: tizio diviene proprietario di maggioranza di una società, dunque ne riceve gli utili, ma la sua proprietà non risulta da nessuna parte…
Per questi motivi ci allarmano le affermazioni del Segretario Capicchioni: noi non vogliamo che chi ha frodato uno Stato vicino, con cui dovremmo cercare di convivere civilmente, o addirittura che ha commesso gravi reati, possa rifarsi una verginità a San Marino. E crediamo che tali affermazioni non saranno accolte di buon grado dalla vicina Italia, che semmai coglierà anch’esse a pretesto per non firmare alcun memorandum con la nostra Banca Centrale. Dopotutto come dargli torto? Perché dovrebbero firmare accordi con chi non fa nulla per far emergere soldi frodati a lei stessa?
Come si potrebbe fare per farli emergere? Ad esempio si dovrebbe finirla di considerare quei soldi un’opportunità ma un rischio (dopotutto chi ha già nascosto i suoi profitti all’Italia perché in futuro dovrebbe dichiararli da noi?), e si potrebbe seguire, come da noi proposto, la via tracciata dal Liechtenstein, che ha obbligato tutti i correntisti italiani ad aderire alla voluntary disclosure.
Loro sanno che dei soldi sporchi sono un problema, non un’opportunità. Da noi, evidentemente, un governo assetato di liquidità è pronto a considerare buoni anche soldi eventualmente “odoranti di muffa”. Poco è cambiato, in fondo, dai tempi bui che per questa strada verranno ampiamente ripercorsi!