Rete sulle Tlc

Rete sulle Tlc.

Cari amici di Repubblica Futura,

avremmo voluto dedicarci ad una pacata riflessione sul futuro del Paese su come coordinare una proficua azione di opposizione a questo governo, ma purtroppo dobbiamo perdere tempo per confutare le vostre ricostruzioni fantasiose e biliose. Incapace di interpretare politicamente quella che il tribunale ha definito “colposa imprudenza” degli amministratori di Netco, ve ne siete usciti con un comunicato demagogico, perfetto cocktail di inesattezze, illazioni e provocazioni. Ci attaccate sostenendo che la faccenda Tlc si riduce a “milioni di euro buttati dalla finestra a causa dell’iniziativa di Rete”; considerato il numero di raffinati giuristi che schierate, dobbiamo concludere che questa grossolana mistificazione si debba ad una disonestà intellettuale degli… intellettuali. Il giudice inquirente, infatti, disponendo il sequestro di attrezzatura, avrà pur provocato un danno economico, ma lo avrà fatto - immaginiamo - nell’esercizio delle sue prerogative per esigenze investigative, evidentemente supportate da un quadro probatorio che giustificava quel provvedimento. A voi, abituati “per cultura e rispetto istituzionale” a far politica ma senza valutare politicamente quel che succede nei tribunali e viceversa sempre molto attivi nel commentare quel che succede in casa altrui, domandiamo: che c’entra RETE col sequestro? Perché chiedere conto a noi dei motivi che hanno condotto il Presidente di AASS a non commentare la vicenda o a non sporgere querela all’epoca? In primo luogo, da tempo quella persona non fa parte di RETE; in secondo luogo i membri che noi nominiamo nei CdA di aziende autonome – come da legge – godono di assoluta autonomia. Ebbene, chiedetelo a lui. E chiedete anche alla vostra candidata Sabrina Carattoni, all’epoca membro del CdA di Netco per vostra nomina, perché si è più volte (correttamente) astenuta su talune deliberazioni inerenti al rapporto con ZTE, proprio per la mancanza di progetti tecnici, di trasparenza e per l’assenza di documenti che chiarissero come venisse calcolata la considerevole somma di 16 milioni di euro (e spicci) per la fornitura di attrezzature e servizi. Nella sentenza è riportato chiaramente che talune procedure fossero opache, e ciò allarmò quei sammarinesi che non si voltano dall’altra parte, Carattoni compresa. O forse che il germe del giustizialismo stia mettendo radici anche nel giardino dei probi? La demagogia tocca il vertice quando paragonate una consulenza da centomila euro (la stessa, l’unica, che sbandierate da quattro anni) alla fornitura di apparecchiature elettroniche per dozzine (!) di milioni. Se su quella particolare consulenza, a vostro giudizio, vi furono irregolarità, perché vi siete limitati ad anni di insinuazioni a mezzo stampa e non avete fatto denuncia? Ritenete sia quello lo strumento politicamente più idoneo? Attenzione, che l’illazione è l’anticamera del populismo! E sarebbe la seconda malapianta ad infestare il giardino dei probi. Nel ridicolo ci si tuffa quando ci invitate «a rendere pubbliche integralmente le audizioni» della Commissione d’Inchiesta, quando anche il meno probo di voi sa che essa operava - per legge da voi approvata - in regime di segretezza. Noi non abbiamo quelle registrazioni e non dovreste averle neppure voi, a meno che i vostri rappresentanti non abbiano abusivamente registrato le sedute. In tal caso, rendetele pubbliche voi. Si tocca lo zenit della contorsione mentale quando tornate sulla cricca Confuorti, che fino all’altro ieri avete definito una “bufala” buona solo per attirare consensi, mentre ora vi spingete a chiedere se Rete si fosse resa conto di collegamenti in casa Dc e Psd nel 2016. Vi ricordiamo che noi – a differenza vostra – non votammo la nomina di Grais e denunciammo più volte (sì, anche in Tribunale) queste vicende o avete la faccia tosta di insinuare che noi si sia stati sodali a quel gruppo? La scelta di andare al governo su quel fronte ha anzi sortito l’effetto desiderato, quello di liberare il Tribunale da influenze esterne e portare finalmente alla luce i personaggi oggi condannati (in primo grado) e la contiguità del giudice Buriani con i vertici di Banca CIS. È stata una salvezza per San Marino, poco importa se per Rete fare quel governo si sia tradotto in una perdita di consenso: per il bene della Repubblica era giusto farlo. Concludendo, non sperate che RETE ammaini la bandiera e vivacchi rintanata a leccarsi le ferite. Continueremo orgogliosamente a batterci affinché il nostro Paese abbia infrastrutture tecnologiche moderne ed efficienti, assegnate con procedure e bandi che non lascino spazio alla “colposa imprudenza” degli amministratori di turno. Vi lanciamo un invito: siamo pronti a confrontarci con voi e con tutta l’opposizione per trovare, se possibile, una posizione comune da presentare alla maggioranza.

RETE

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