RF attacca Rete: "Metta da parte l’ipocrisia e cambi argomenti"
Come sono lontani i tempi in cui RETE, forza politica orgogliosamente di opposizione, animava i social e le sedute del Consiglio Grande e Generale con insulti, minacce, atteggiamenti folcloristici per irridere la politica tradizionale e porsi – anche visivamente – in modo diverso rispetto agli altri partiti. Negli ultimi anni questa forza politica ha avviato la marcia di avvicinamento al modello Democrazia Cristiana: celebre la performance con bandiera rossa cantata insieme al segretario della DC Venturini e le bicchierate notturne con gli esponenti della DC che hanno portato alla ricostruzione del governo PDCS – PSD – PSS con l’avvallo di Rete. La trasformazione da lista civica a partito in stile classico (con tanti funzionari politici pagati grazie al contributo pubblico, amici sotto contratto del governo, una bella sede patinata, ecc.) si è così compiuta. Repubblica Futura non ci vede nulla di particolarmente strano se non fosse che RETE si è sempre dichiarata orgogliosamente contraria al sistema di cui oggi fa parte a pieno titolo ma che provoca qualche mal di pancia ai suoi aderenti. RETE durante il conto Mazzini inneggiava ai forconi, voleva la festa nazionale per l’arresto di Gabriele Gatti, portava ironicamente le arance davanti ai Cappuccini quando il carcere ospitava altri eccellenti politici democristiani. Oggi governa a “testa bassa” con i partiti del conto Mazzini, quelli dei terribili anni novanta e della piazza finanziaria affondata fra tangenti e manette. Forze politiche che non hanno mai fatto atto di abiura, anzi, oggi stanno rispolverando i vecchi leader - tanto amati da RETE - per gestire le dinamiche del governo. RETE urlava contro Banca Centrale e i suoi stipendi e oggi riceve da Banca Centrale il passepartout per entrare nelle ovattate stanze della finanza, magari emettendo qualche titano visto che gli euro, come dice il neo economista retino Zonzini, non li abbiamo più. RETE pur di avere comode sedie di governo ha ingozzato bocconi amari decisamente indigeribili rispetto alla storia e alla linea politica del movimento. Basta allora con le invettive contro la Chiesa, oggi è meglio andare a Messa e magari fare un salto dal Santo Padre o al Meeting di Comunione e Liberazione. È poco trendy l’ambiente? meglio buttare giù un po’ di cemento con l’erede del re dell’asfalto e mettere in soffitta le battaglie storiche come la Cartiera Ciacci, le antenne e il 5G, perché la carta serve e lo smartphone 5G - se si è al governo - è proprio cool. Sono finite le minacce via social, gli insulti, le illazioni, i raid in piazza e nei bar. In questo il periodico retino ha preconizzato da tempo l’evoluzione della specie con il titolo “c’era una svolta”. Per spiegare l’inspiegabile anziché governare (Elena Tonnini esiste ancora?), RETE ha tempo di gettare fango contro l’opposizione dimenticando alcuni piccoli dettagli, forse annebbiata nella serata di Acquaviva dai ricordi della cartiera. Gli esponenti di UPR come altri coinvolti nel conto Mazzini, si sono dimessi da ogni incarico istituzionale. Atteggiamento ben diverso rispetto a quello tenuto dagli esponenti di RETE. Ciavatta è il primo Segretario di Stato rinviato a giudizio a sedere in Congresso di Stato nella storia della Repubblica. Rinviato a giudizio per le pesanti minacce rivolte ai vertici di Cassa di Risparmio dopo una irruzione nella sede della banca (ma nel suo curriculum sono presenti anche altre discrete cosucce), ogni 27 del mese percepisce lo stipendio da membro di governo nonostante sia stato sospeso dal servizio di dipendente della P.A. In più dal governo ha la possibilità (e il potere) di spianare piano piano le sue beghe giudiziarie. Via dunque la costituzione di parte civile di CARISP nel processo che lo riguarda (a proposito: la sostituzione del vecchio cda con uno nuovo di zecca proprio per risolvere i suoi guai giudiziari, quanto è costata allo Stato?); cacciato Buriani, il giudice reo di avere fatto il proprio lavoro non solo nell’indagine su Ciavatta ma anche in quella su Gabriele Gatti, giusto per citare un altro celebre supporter di questa variegata maggioranza. Voce forte per fare capire ai magistrati reduci dal grande repulisti, chi comanda e in che modo gestire il processo del capo. RETE insieme ai compagni di governo ha brutalizzato il sistema giudiziario e resettato la magistratura rea di avere indagato i suoi dirigenti. Se poi vogliamo fare riferimento alle teste di legno, RETE sta dimostrando forte attitudine nel ramo guidata da guru illuminati e senza macchia. Emilio della Balda, già presidente di Banca Commerciale; Valeria Pierfelici, la valchiria della giustizia e trait d’union con la politica degli anni novanta; Stefano Ercolani, esperto in banche, passato alle cronache come il Re del Nero: “Ma quante volte te l'ho detto…! I soldi non vanno messi nelle valigie! Vanno messi nelle mutande, lì non ti guarda nessuno”. Chissà se la teoria delle mutande sarà utilizzata per una nuova era di sviluppo del sistema finanziario, magari sotto l’egida di Catia Tomasetti, altro riferimento di RETE e nota per le sue frequentazioni con i servizi segreti stranieri e con l’europarlamentare Sandro Gozi. Ci si permetta poi un ultimo inciso. Le piccole e non tanto velate minacce che da mesi sono rivolte a cittadini rei di avere simpatie rispetto a Repubblica Futura, sono un repertorio degno di bulletti di periferia e non di chi deve governare il Paese in una fase così complessa, caratterizzata dalla crisi economica e dalle conseguenze del coronavirus. Se RETE non sa cosa dire a propri elettori e vuole mascherare la totale assenza di contenuti, metta da parte l’ipocrisia e cambi argomenti. Repubblica Futura continuerà a esercitare il proprio ruolo di opposizione e di denuncia rispetto ad atteggiamenti impresentabili e a una generale inerzia che sta portando la Repubblica a passi decisi verso il baratro.
c.s. Repubblica Futura
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